Mark Zuckerberg, insieme ad altre figure di spicco del settore tecnologico statunitense, ha raggiunto un accordo per chiudere la controversa causa legale da 8 miliardi di dollari, relativa a negligenza in merito allo scandalo Cambridge Analytica. Questa intesa è stata confermata a metà marzo 2025 da due fonti vicine alla questione, il giorno successivo all’inizio del processo presso il tribunale di Wilmington, Delaware. Meta, l’azienda madre di Facebook, non ha voluto commentare l’accordo, il cui ammontare rimane sconosciuto.
La causa legale e il contesto
Questa risoluzione segna la conclusione di un lungo e difficile capitolo per Facebook, che ha avuto inizio con le prime rivelazioni del quotidiano britannico The Guardian nel 2015. Gli azionisti della società, ora conosciuta come Meta, hanno avviato la causa civile negli Stati Uniti nel 2018, in seguito all’emergere dello scandalo Cambridge Analytica. La società di consulenza britannica aveva raccolto senza autorizzazione i dati personali di decine di milioni di utenti di Facebook, utilizzandoli per influenzare l’opinione pubblica durante le elezioni presidenziali statunitensi del 2016, vinta da Donald Trump.
Gli investitori hanno accusato Mark Zuckerberg e l’ex COO Sheryl Sandberg, che ha lasciato l’azienda nel 2022, di negligenza nella gestione della piattaforma. In totale, 11 persone sono state coinvolte nella causa, tra cui il noto investitore Marc Andreessen, membri precedenti del consiglio di amministrazione, l’imprenditore Peter Thiel e l’ex capo dello staff di Joe Biden, Jeffrey Zients. Inoltre, Zuckerberg è stato anche accusato di insider trading, mentre Meta non è stata citata in giudizio come entità aziendale.
Le richieste di risarcimento e le implicazioni legali
Gli azionisti hanno presentato una class action, richiedendo un risarcimento danni di oltre 8 miliardi di dollari, cifra che includeva le multe già pagate da Facebook in relazione allo scandalo, oltre alle spese legali sostenute. Tra le multe, spicca quella di 5 miliardi di dollari inflitta dalla U.S. Consumer Protection Agency (FTC), legata a una violazione di un accordo del 2012 con il governo, che imponeva a Facebook di non fornire accesso non autorizzato ai dati personali degli utenti.
Sebbene tutti gli imputati dovessero testimoniare al processo, l’accordo ha evitato loro di dover comparire in tribunale, con solo Jeffrey Zients che ha deposto all’udienza di apertura. Jason Kint, rappresentante dell’associazione Digital Content Next, ha commentato che l’accordo rappresenta una “occasione persa per la responsabilità pubblica”, criticando Meta per aver minimizzato la gravità dello scandalo e per aver presentato la vicenda come il risultato di pochi malintenzionati, anziché come un modello di business basato sulla sorveglianza.
Le conseguenze per Facebook e il futuro dell’azienda
Lo scandalo Cambridge Analytica ha avuto un impatto negativo sull’immagine di Facebook e di Zuckerberg, il quale è stato accusato di aver minimizzato il ruolo della disinformazione durante le elezioni del 2016. Nel 2017, Facebook è stata criticata per aver contribuito a fomentare l’odio contro la minoranza musulmana dei Rohingya. L’anno successivo, l’azienda ha ammesso di aver agito “troppo lentamente” di fronte a queste problematiche.
Nel dicembre 2018, un’inchiesta del New York Times ha rivelato che Facebook continuava a vendere i dati degli utenti a oltre 150 aziende terze, tra cui Netflix e Spotify, nonostante l’impegno preso con la FTC di interrompere tali pratiche. L’accordo raggiunto ora segna un nuovo passo per Meta, ma le ripercussioni dello scandalo continuano a influenzare la percezione pubblica e la fiducia degli utenti nei confronti della piattaforma.