La strage di Via D’Amelio, avvenuta il 19 luglio 1992, rappresenta un capitolo tragico e indelebile nella storia della lotta contro la mafia in Italia. In questa data, il giudice Paolo Borsellino, insieme ai membri della sua scorta, ha perso la vita a causa di un attentato orchestrato dalla criminalità organizzata. Questo evento, che si è verificato a meno di due mesi dalla strage di Capaci, ha avuto l’intento di minare le istituzioni democratiche del Paese. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha recentemente ricordato l’importanza di questo avvenimento, sottolineando il coraggio e la dedizione di coloro che hanno combattuto contro la mafia.
Il ricordo di Paolo Borsellino e della sua scorta
Nel suo intervento, il presidente Mattarella ha affermato che la democrazia italiana ha dimostrato di essere più forte di fronte alla minaccia mafiosa. Ha reso omaggio alle vite spezzate di Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Mattarella ha espresso la sua vicinanza ai familiari delle vittime, evidenziando come il dolore per la loro perdita rimanga vivo anche dopo trentatré anni. Il presidente ha sottolineato la gratitudine verso quei servitori dello Stato che hanno dedicato la loro vita a combattere il fenomeno mafioso, contribuendo a preservare la libertà e la legalità in Italia.
La figura di Paolo Borsellino è simbolo di coraggio e determinazione. Nonostante il trauma subito dopo la strage di Capaci, il giudice ha continuato a lavorare instancabilmente per la giustizia. Mattarella ha esortato a onorare la memoria di Borsellino seguendo la sua lezione di dignità e legalità, affinché il suo messaggio possa raggiungere le nuove generazioni e ispirarle nella lotta contro la criminalità organizzata.
La dinamica dell’attentato del 19 luglio 1992
Il 19 luglio 1992, una domenica, Paolo Borsellino si dirige verso Via D’Amelio, il luogo in cui risiedeva sua madre. In quel momento, ad attenderlo c’erano i cinque membri della sua scorta, che si trovavano in un’auto parcheggiata nei pressi. Nascosti all’interno di una Fiat 126 rubata, 50 chili di tritolo erano pronti a esplodere per portare a termine il piano eversivo della mafia. Quando Borsellino scende dall’auto e si avvicina al citofono per chiamare la madre, l’esplosione viene attivata a distanza.
L’attentato avviene a soli 57 giorni dalla morte di Giovanni Falcone, un altro magistrato emblematico nella lotta contro la mafia. La notizia dell’attentato di Borsellino giunge in un momento di grande tensione, poiché due informative del Ros dei Carabinieri avevano già avvisato della possibilità di un attacco imminente. Il giudice stesso aveva espresso preoccupazione per la sicurezza dei suoi uomini, temendo che il tritolo fosse destinato a lui.
Alle 16:55, l’autobomba esplode, devastando tutto nel raggio di 150 metri. La violenza dell’esplosione distrugge numerosi veicoli e provoca la morte immediata di Borsellino e dei suoi agenti, riducendo i loro corpi a brandelli. Le conseguenze dell’attentato si ripercuotono su tutta la zona, con vetrate in frantumi e palazzi che tremano per la forza dell’esplosione. La strage di Via D’Amelio segna un momento cruciale nella storia della lotta alla mafia, evidenziando la determinazione dello Stato nel perseguire la giustizia.