Padre Romanelli: “A Gaza non c’è alcun luogo sicuro, manca tutto”

Veronica Robinson

Luglio 22, 2025

“La popolazione è esausta, in preda alla disperazione, e la mancanza di beni essenziali è palpabile. Dall’esterno, è difficile comprendere la gravità della situazione qui”. Queste parole sono state pronunciate da Padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia, l’unica chiesa cattolica a Gaza, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore. La comunità sta affrontando le conseguenze devastanti di un attacco israeliano che ha provocato la morte di tre persone. “Io sto meglio, anche se i due feriti gravi sono fuori pericolo, ma porteranno con sé conseguenze a lungo termine – ha spiegato il sacerdote – Tuttavia, la situazione continua a essere estremamente critica e i bombardamenti sono incessanti e molto vicini. Siamo tutti scioccati da quanto accaduto, mai avremmo immaginato un attacco diretto di tale portata”. Le esplosioni sono ormai diventate il rumore di fondo delle loro vite. “Anche durante l’omelia del cardinale Pizzaballa si sentivano le bombe, il rumore era assordante. La sua visita è stata di grande importanza per noi”, ha aggiunto.

La vita quotidiana a Gaza

La vita quotidiana a Gaza è segnata da una mancanza totale di risorse. “Dall’esterno non si riesce a comprendere come sia ridotta la vita qui. Non c’è nulla. Ognuno dovrebbe sperimentare cosa significa tornare a casa e scoprire che non c’è nulla”, ha sottolineato Romanelli. La gente è costretta a vivere per strada, a dormire all’aperto, con solo i vestiti indosso. “Dopo un po’, anche stare in piazza diventa impossibile”, ha proseguito.

Situazione di emergenza

La situazione di emergenza è aggravata dalla mancanza di cure mediche e di beni di prima necessità. “La maggior parte della popolazione, che conta circa 2 milioni e 300 mila persone, vive in condizioni disumane“, ha dichiarato il sacerdote.

Momenti concitati dell’attacco

In un’altra intervista rilasciata a Repubblica, Padre Romanelli ha descritto i momenti concitati dell’attacco. “Ero in ufficio a lavorare e mi sono alzato per andare a prendere un mate con padre Yusuf. Proprio in quel momento è arrivato il colpo: la porta è esplosa, se fossi rimasto seduto sarei probabilmente morto. È stato un impatto devastante. Per fortuna, la maggior parte delle persone era al chiuso, i bambini, grazie a Dio, erano al riparo. La croce che è stata colpita è molto grande: i frammenti sono volati in tutto il cortile. Chi era all’esterno è stato colpito. Purtroppo, tre persone hanno perso la vita. Io sono stato colpito alla gamba, ma sono riuscito a uscire: c’era panico, tutti gridavano, terrorizzati. Siamo in una zona rossa, lo sappiamo: ma qui a Gaza non esiste altro colore. Se esiste, non lo conosciamo, non c’è un posto sicuro“.