Ondate di calore marine senza precedenti: cosa rischiamo se il trend non si ferma

Oceani

Oceani fuori controllo nel 2023: mai registrate temperature così alte nella storia

Luca Antonelli

Luglio 31, 2025

Ondate di calore record, habitat stravolti e pesanti danni economici: gli oceani nel 2023 hanno mostrato un comportamento estremo e mai osservato prima.

Le temperature della superficie oceanica hanno raggiunto livelli mai registrati nel corso del 2023, superando ogni record precedente in termini di durata, estensione geografica e intensità. A confermarlo è una ricerca pubblicata su Science, che raccoglie dati satellitari e modelli climatici combinati. Lo studio, firmato da un gruppo di climatologi tra Cina e Stati Uniti, mostra un quadro che solleva serie preoccupazioni: il riscaldamento osservato, secondo i ricercatori, potrebbe indicare l’avvicinamento a un punto critico nel sistema climatico terrestre.

Nel dettaglio, le ondate di calore marine del 2023 hanno interessato oltre il 96% della superficie degli oceani globali, con una durata media quattro volte superiore a quella storica. L’Atlantico Settentrionale ha registrato un picco assoluto: un’ondata di calore durata 525 giorni consecutivi, iniziata a metà 2022 e ancora in corso nel 2024. Nel Pacifico sud-occidentale, invece, si sono verificate anomalie estese sia in larghezza che in tempo, mentre il Pacifico orientale tropicale, condizionato dall’evento El Niño, ha toccato i 1,63°C di anomalia positiva rispetto alla media. Si tratta di valori estremi che, fino a pochi anni fa, venivano considerati eccezioni statistiche con una probabilità inferiore al 2%.

Cambiamenti negli ecosistemi marini e conseguenze sulle economie costiere

I dati rilevati non parlano solo di numeri e mappe termiche: mostrano conseguenze reali sugli ecosistemi e sulle attività umane. Le barriere coralline in diverse aree tropicali hanno subito episodi di sbiancamento di massa, effetto diretto del riscaldamento prolungato. Le popolazioni ittiche si sono spostate verso zone più fresche o più profonde, causando interruzioni significative nella pesca commerciale. In Nord America, solo nel 2023, le perdite economiche legate a questi eventi climatici hanno superato i 14,5 miliardi di dollari, rendendolo il disastro climatico più costoso dell’anno.

Oceani
Credit Foto: Pixabay.com

Secondo l’autore principale dello studio, Tianyun Dong, dell’Istituto Orientale di Tecnologia della Cina, gli eventi osservati potrebbero rappresentare un segnale anticipatore di collasso per alcuni sistemi oceanici. “Non abbiamo ancora raggiunto il punto di non ritorno”, ha dichiarato, “ma i segnali di deterioramento strutturale sono già evidenti”. Alcuni scienziati restano più cauti: Michael McPhaden, esperto della NOAA, invita a considerare anche la variabilità naturale dovuta a El Niño, senza attribuire ogni anomalia al solo effetto antropico. Resta però il fatto che l’aumento della radiazione solare per via della ridotta copertura nuvolosa, i venti meno intensi e il rallentamento di alcune correnti oceaniche, hanno favorito una combinazione di fattori difficilmente reversibile in tempi brevi.

Una mappa globale di anomalie: quattro regioni al centro del riscaldamento

Il rapporto evidenzia come quattro macro-regioni abbiano inciso sul 90% delle anomalie termiche del 2023: l’Atlantico del Nord, il Pacifico orientale tropicale, il Pacifico del Nord e il Pacifico sud-occidentale. La temperatura media della superficie marina globale, ad agosto, ha raggiunto i 69,73°F, superando il picco del 2016. Alla fine dell’anno, il 2023 risultava essere l’anno più caldo mai registrato a livello globale, con +2,12°F rispetto alla media del XX secolo.

Le implicazioni sono molteplici. Alcuni habitat marini, già stressati da inquinamento e acidificazione, potrebbero non riuscire a rigenerarsi. Altri, come quelli delle medie latitudini, mostrano segni di trasformazione nella composizione biologica, con specie invasive che trovano nuove condizioni favorevoli. Per i climatologi, è il momento di intensificare le osservazioni a lungo termine e di valutare se il comportamento del sistema oceano-atmosfera stia cambiando struttura. Se così fosse, sarebbe necessario rivedere i modelli previsionali attuali, oggi basati su assunti che potrebbero non reggere più.

×