Witkoff a Gaza per monitorare la distribuzione degli aiuti umanitari, Hamas: nessun dialogo finché persiste la crisi alimentare

Rosita Ponti

Agosto 1, 2025

L’inviato speciale degli Stati Uniti in Medio Oriente, insieme all’ambasciatore statunitense in Israele, Mike Huckabee, è atteso oggi, 1 agosto 2025, a Gaza per monitorare la distribuzione degli aiuti umanitari in un contesto di crescente stallo nei negoziati. La missione mira a garantire che gli aiuti raggiungano le popolazioni bisognose, mentre la situazione sul campo continua a deteriorarsi.

La situazione drammatica a Gaza

Recenti interviste rilasciate a El País da un gruppo di quattro medici, tre britannici e uno spagnolo, descrivono Gaza come un autentico “inferno”. I professionisti della salute, che hanno operato nella Striscia e ora si trovano in Spagna, hanno evidenziato il drammatico stato di emergenza in cui versano migliaia di persone, minacciate dalla fame e dal rischio di morte imminente. “Appena si entra in territorio israeliano, ci si trova in un posto normale”, ha dichiarato il dottor James Smith, sottolineando il contrasto tra le condizioni di vita a Gaza e quelle in Israele.

Il chirurgo Graeme Groom ha aggiunto che le famiglie sono costrette a “dormire insieme per vivere o morire insieme”, mentre il medico spagnolo Raul Incertis ha descritto il paesaggio devastato di Rafah, contrapposto a coltivazioni ordinate al di là del confine. La crisi non colpisce solo i civili, ma anche il personale sanitario, con colleghi che si trovano in situazioni critiche per la mancanza di cibo. “Un collega chirurgo mi ha raccontato che non mangiava da due giorni mentre operava”, ha riferito la dottoressa Ana Jeelani.

La situazione è aggravata dagli attacchi israeliani, con centinaia di morti tra coloro che si trovano in fila per ricevere aiuti umanitari. Incertis ha segnalato che ci sono indicazioni di colpi mirati, con ferite alla testa e al torace, suggerendo una tendenza di intenzionalità nei bombardamenti.

Richieste di aiuti internazionali

Il ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, ha dichiarato che la situazione umanitaria a Gaza è “oltre ogni immaginazione”. Durante un incontro con funzionari israeliani a Gerusalemme, ha sottolineato che Israele ha l’obbligo di inviare rapidamente aiuti umanitari e medici per prevenire morti di massa. Wadephul ha anche avvertito che Berlino potrebbe rispondere a misure unilaterali da parte di Israele, sottolineando l’importanza di avviare il processo verso una soluzione a due Stati.

Il ministro della Sicurezza israeliano, Itamar Ben Gvir, ha reagito alle dichiarazioni di Wadephul, sostenendo che “Israele si trova sempre più in minoranza” e richiamando l’attenzione sulla necessità di affrontare le critiche internazionali.

Le posizioni di Hamas e le ripercussioni della crisi

I rappresentanti di Hamas, attualmente a Doha, hanno dichiarato che non sono interessati a riprendere i negoziati per un cessate il fuoco finché non sarà affrontata la crisi della fame a Gaza. Le tensioni tra Hamas, Egitto e Qatar sono aumentate, con accuse di complicità nella crisi umanitaria.

Nel frattempo, il ministero della Salute della Striscia di Gaza ha riportato che, nelle ultime 24 ore, almeno 111 palestinesi sono stati uccisi, tra cui 91 persone in attesa di aiuti. Questi dati, sebbene non verificabili in modo indipendente, evidenziano la gravità della situazione e la difficoltà di distinguere tra vittime civili e combattenti.

Iniziative internazionali e reazioni

A livello internazionale, la Slovenia ha annunciato un divieto sul commercio di armi con Israele, diventando il primo Paese europeo a intraprendere tale azione a causa della guerra a Gaza. Il governo sloveno ha sottolineato la propria decisione di agire in modo indipendente, data l’incapacità dell’Unione Europea di adottare misure concrete.

Anche il Canada ha annunciato l’intenzione di riconoscere uno Stato palestinese alle Nazioni Unite a settembre, a condizione che l’Autorità palestinese attui riforme significative.

In questo contesto di crisi umanitaria e tensioni diplomatiche, la risposta del presidente statunitense Donald Trump, che ha definito “terribile” la situazione a Gaza senza però rispondere direttamente alle accuse di genocidio, ha sollevato interrogativi sul ruolo degli Stati Uniti nella mediazione del conflitto.

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