Quando qualcuno sta male, contano anche le parole: ecco cosa evitare per non peggiorare l’ansia
Chi ha vissuto momenti di ansia intensa sa quanto sia difficile spiegare cosa si prova. Il cuore accelera, i pensieri diventano ingestibili, il corpo reagisce senza un motivo chiaro. In quei momenti, anche un gesto piccolo può fare la differenza. E anche una parola sbagliata.
Molto spesso chi assiste a un attacco d’ansia o cerca di confortare una persona ansiosa, lo fa con buone intenzioni. Ma alcune frasi comuni, proprio perché generalizzate o superficiali, finiscono per minimizzare il malessere e creare distanza. Non è questione di essere gentili o meno: si tratta di comprendere davvero ciò che l’altro sta vivendo.
Stai calmo o devi solo rilassarti
Una delle frasi più ricorrenti, e allo stesso tempo più invalidanti, è dire a qualcuno in preda all’ansia di calmarsi. Chi è in ansia lo sa già di dover ritrovare la calma, ma non riesce a farlo. Sentirselo dire non solo non aiuta, ma genera frustrazione e senso di colpa: sembra un ordine, come se bastasse scegliere di stare meglio.

La tensione nervosa non si spegne con un comando. Anzi, più ci si concentra sull’idea di “doversi calmare”, più si entra in un circolo vizioso. È come dire a chi ha il raffreddore “smetti di starnutire”. L’ansia non si disattiva a comando, ha bisogno di tempo, di spazio e di ascolto.
La persona che vive un momento di ansia ha bisogno di sentirsi accolta, non corretta. Invece di dire “stai calmo”, si può provare con un semplice: “sono qui”, “dimmi se posso fare qualcosa” o anche solo stare in silenzio accanto, senza forzare un dialogo.
Non c’è motivo per stare così o non è niente
Un’altra frase frequente è quella che sminuisce il malessere: “non hai motivo per stare così”, “non è niente”. Anche se detta per rassicurare, trasmette un messaggio opposto: “sei esagerato”, “non sei credibile”.
Per chi vive l’ansia, spesso non esiste una causa evidente. L’ansia arriva all’improvviso, anche quando tutto sembra andare bene. E dire che non c’è motivo, equivale a negare l’esperienza soggettiva dell’altro.
Chi ascolta dovrebbe invece validare l’emozione, anche senza capirla del tutto. Dire “capisco che ti senti così” è molto più utile di un “non dovresti sentirti in questo modo”. Anche perché l’ansia non segue logiche razionali: è un meccanismo di allarme interno che parte senza preavviso.
In più, frasi come “non è niente” possono creare un effetto opposto: la persona si chiude, non si sente compresa, e il malessere aumenta. È più utile chiedere come si sente, senza giudicare, anche se non si condivide la stessa percezione del momento.