A 18 anni dal delitto di Garlasco, riemerge il verbale d’arresto di Stasi del 2007, suscitando interrogativi.

Veronica Robinson

Agosto 13, 2025

Sono trascorsi diciotto anni da quel tragico 13 agosto 2007, quando Chiara Poggi fu rinvenuta senza vita nella sua abitazione a Garlasco. Questo omicidio, caratterizzato da una brutalità senza precedenti, colpì profondamente l’opinione pubblica, non solo per la ferocia del crimine ma anche per l’apparente assenza di un movente. In un contesto di crescente interesse mediatico, Tgcom24 pubblicò il verbale d’arresto di Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara, condannato nel 2015. Rileggendo oggi quel documento, l’attenzione si riaccende su una vicenda che, sebbene abbia avuto un verdetto definitivo, continua a sollevare interrogativi e a suscitare dubbi.

Il verbale del 2007: la scena del delitto descritta dagli inquirenti

Il verbale reso pubblico da Tgcom24 pochi giorni dopo l’arresto di Stasi offre un’immagine dettagliata e inquietante della scena del crimine. Chiara fu trovata in fondo alle scale della taverna, ancora vestita in pigiama, con il corpo posizionato sul fianco sinistro e il volto parzialmente immerso in una pozza di sangue. I carabinieri evidenziarono numerose ferite alla testa, causate da un oggetto contundente. La dinamica suggerita dagli inquirenti indicava un possibile trascinamento del corpo dal soggiorno fino alla porta della taverna, per poi essere spinto giù per le scale.

Nel verbale si legge: “La ragazza è riversa sul fianco sinistro, con il viso rivolto verso il basso, completamente immerso nel sangue”. Ulteriori dettagli indicano che “L’aggressione è avvenuta con modalità particolarmente violente, con colpi inferti ripetutamente alla testa”. Queste frasi, estratte direttamente dal verbale del 2007, restituiscono la brutalità della scena agli occhi degli investigatori.

L’autopsia confermò la gravità delle lesioni e l’assenza di segni di difesa, suggerendo un’aggressione improvvisa e violenta. Il pubblico ministero parlò immediatamente di “crudeltà” e “sevizie”. Il verbale menziona anche l’abbigliamento della vittima, l’ordine della casa e i primi rilievi tecnici. In quel momento, l’attenzione si concentrò sul fidanzato, che doveva incontrare Chiara quel giorno, ma che secondo le sue dichiarazioni, trovò il corpo nel pomeriggio.

Ciò che non dice: le ombre nella ricostruzione ufficiale

Riletto oggi, il verbale appare dettagliato ma presenta lacune significative. Alcuni elementi cruciali non vengono menzionati nelle descrizioni iniziali. Non si fa riferimento alle impronte parziali rinvenute sul pavimento del bagno, né ai profili genetici maschili che non corrispondono né a Stasi né a persone che vivevano con Chiara.

Fin dai primi giorni, l’attenzione mediatica e investigativa si è focalizzata su Stasi. Dopo un’assoluzione in primo grado nel 2009 e una conferma in appello nel 2011, la Corte di Cassazione nel 2013 annullò la sentenza e ordinò un nuovo processo di secondo grado, noto come “appello bis”. Questo processo, svoltosi nel 2014, portò alla condanna di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione, una sentenza divenuta definitiva nel dicembre 2015 con il rigetto del ricorso.

Tuttavia, all’inizio delle indagini, molte domande rimangono aperte: perché non sono state verificate immediatamente alcune discrepanze orarie tra i computer sequestrati? Perché le scarpe di Stasi, esaminate solo in un secondo momento, non presentavano tracce di sangue, nonostante il corpo fosse circondato da materiale ematico? Il verbale rappresenta un documento fondamentale delle indagini, ma mette in evidenza anche l’urgenza di una narrazione giudiziaria che, a distanza di anni, appare ancora piena di zone d’ombra.

Una verità parziale? 18 anni dopo, i dubbi sul caso Poggi

Malgrado la condanna definitiva, il delitto di Garlasco continua a suscitare polemiche. Recenti inchieste, sia giornalistiche che giudiziarie, hanno riportato alla ribalta il nome di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, il cui DNA è stato rinvenuto su un’unghia della vittima. Sempio è attualmente formalmente indagato e il prossimo 24 ottobre è previsto un incidente probatorio che potrebbe rivelarsi cruciale.

L’assenza di un movente chiarito rimane un aspetto inquietante. Se da un lato la giustizia ha seguito il suo corso con la condanna di Stasi, dall’altro permangono elementi che non hanno trovato una collocazione chiara. Il verbale, in questo senso, funge da specchio del periodo: descrive i fatti con rigore, ma lascia intravedere quante piste siano rimaste inesplorate. Il passare del tempo, invece di chiudere il caso, sembra averne allungato le ombre.

La memoria mediatica: un documento simbolo del dolore collettivo

Il verbale non è solo un atto giudiziario, ma anche un documento che ha avuto un forte impatto simbolico. Per molti, rappresenta l’ingresso nella tragedia di Chiara Poggi, la prima testimonianza concreta di ciò che accadde tra quelle mura. Pubblicato da Tgcom24 in un periodo in cui l’informazione online iniziava a costruire la memoria collettiva in tempo reale, ha segnato un confine tra cronaca e storia.

Oggi, rileggerlo significa rivivere un dolore e interrogarsi su come un documento tecnico possa diventare, nel tempo, parte di un racconto nazionale. La modalità di redazione, il linguaggio utilizzato e i dettagli forniti contribuiscono a costruire l’immagine iniziale dell’evento. Proprio per questo motivo, è fondamentale leggerlo con senso critico e consapevolezza, poiché ogni parola e ogni omissione possono influenzare la percezione della verità.

Il nodo delle impronte e del DNA: indizi senza un nome

Nonostante la condanna definitiva di Alberto Stasi, il delitto di Garlasco non si è mai realmente chiuso. Al centro della nuova inchiesta vi è l’ormai nota impronta 33, rilevata sulle scale della villetta e attribuita ad Andrea Sempio, attualmente formalmente indagato. Un incidente probatorio disposto dal gip di Pavia ha esteso gli esami a impronte e tracce su una vasta gamma di superfici, incluse le pareti e i materiali di consumo, con l’incarico affidato al dattiloscopista Domenico Marchigiani per i confronti con i sospettati.

Le analisi hanno però evidenziato limiti scientifici: su quasi sessanta impronte repertate, comprese la “numero 10”, le tracce di DNA sono assenti o troppo esigue per ottenere un profilo significativo. Sul fronte delle risposte contrastanti, la difesa di Sempio contesta qualsiasi attribuzione, affermando che l’impronta 33 sarebbe “sudore e non sangue”. Parallelamente, la perizia difensiva di Stasi sostiene che quella stessa impronta sarebbe “intrisa di sudore e sangue”, un segno palmare troppo marcato per suggerire una semplice discesa accidentale lungo la scala.

In aggiunta, rimangono sotto osservazione altre prove biologiche, come il DNA maschile parziale trovato su una garza nella bocca della vittima, che potrebbe potenzialmente ricondurre a una terza persona, fino a questo momento sconosciuta.

Il verbale oggi: memoria di un’indagine ancora aperta

Il verbale del 2007 continua a essere un documento centrale, inserito in un contesto molto più complesso e contraddittorio. Gli sviluppi attuali, in particolare l’incidente probatorio sulle impronte e le tracce biologiche, dimostrano che la vicenda di Chiara Poggi è ancora in cerca di risposte concrete. Dopo diciotto anni, il cammino verso la verità appare ancora lungo e tortuoso.

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