L’atollo mutato per sempre: l’esplosione che fece scomparire un’isola nel Pacifico

Un’esplosione che cambiò per sempre il Pacifico. - www.rcovid19.it

Luca Antonelli

Agosto 13, 2025

Un test nucleare che sfida la memoria: tra scienza militare e distruzione ambientale, l’eredità di “Mike” pesa ancora oggi.

Il 1° novembre 1952, nell’atollo di Enewetak, nel cuore del Pacifico, gli Stati Uniti detonarono la prima vera bomba all’idrogeno operativa, soprannominata “Mike”. L’ordigno, sviluppato su scala sperimentale, era gigantesco: oltre 74 tonnellate di peso e un complesso sistema di raffreddamento per mantenere il deuterio liquido necessario alla fusione. Quando esplose, l’isola di Elugelab scomparve letteralmente dalla mappa, vaporizzata in una frazione di secondo. Al suo posto, un cratere di 50 metri di profondità e 1,9 chilometri di diametro. La nube a fungo si sollevò e si estese per centinaia di chilometri, mostrando al mondo una potenza mai registrata prima.

La potenza e la trasformazione del paesaggio

La detonazione di Mike liberò un’energia stimata in oltre 10 megatoni, equivalente a centinaia di volte la potenza delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. L’impatto fu devastante: l’intera superficie dell’isola si dissolse, coralli e sabbia vennero polverizzati, e milioni di tonnellate di materiale furono proiettati nell’atmosfera. L’esplosione creò onde d’urto che si propagarono per chilometri, seguite da una massa d’acqua sollevata con forza colossale.

Atollo esplosione.
Il silenzio irreale dell’atollo oggi. – www.rcovid19.it


L’atollo stesso cambiò volto: da una piccola isola circondata da altre lingue di terra, si passò a un’enorme cavità blu al centro dell’oceano. Il paesaggio circostante riportò segni indelebili, con vegetazione carbonizzata, fauna marina sterminata e depositi radioattivi che rimasero attivi per decenni. Il test fornì anche dati scientifici inediti, permettendo di osservare la formazione di nuovi elementi chimici generati dall’esplosione nucleare.

Conseguenze e eredità

L’onda radioattiva generata contaminò l’aria, l’acqua e i sedimenti dell’atollo. Le popolazioni locali furono evacuate e non poterono fare ritorno per anni, a causa dei livelli di radiazione troppo elevati. Le altre isole di Enewetak subirono danni gravi, alcune vennero erose o completamente spazzate via in test successivi.
La distruzione di Elugelab divenne un simbolo del potere distruttivo della tecnologia nucleare e dell’impatto irreversibile sull’ambiente. L’area oggi appare diversa, ma porta ancora le cicatrici di quell’esplosione: il cratere è visibile dalle immagini satellitari e rappresenta una memoria tangibile della capacità dell’uomo di modificare — e cancellare — interi ecosistemi.
Quello del 1° novembre 1952 non fu solo un esperimento militare, ma un evento che segnò profondamente la geografia, la scienza e la coscienza collettiva.

Un monito ancora attuale

Oggi, a più di settant’anni di distanza, il test “Mike” resta uno degli episodi più discussi nella storia della corsa agli armamenti nucleari. La sua memoria è custodita non solo nei documenti militari, ma anche nelle testimonianze di chi visse l’evacuazione e di chi, anni dopo, partecipò alle missioni di bonifica. Il cratere lasciato dall’esplosione è diventato una sorta di simbolo, visibile persino dalle immagini satellitari, e ricorda che l’energia atomica, quando impiegata per scopi bellici, può cancellare in un attimo ciò che la natura ha costruito in millenni. Le discussioni internazionali sul disarmo e sulla messa al bando di certi esperimenti trovano ancora oggi nella vicenda di Elugelab un riferimento concreto, capace di evidenziare i rischi ambientali e umani di un uso incontrollato della tecnologia.

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