Nel 2006, la figura di Padre Fedele fu travolta da un’accusa grave: una suora lo denunciò per violenza sessuale. Questo evento scatenò un’ondata di clamore mediatico che portò all’arresto del religioso e alla sua sospensione a divinis, impedendogli di celebrare Messa e costringendolo all’allontanamento dall’Ordine dei Cappuccini. Per anni, il suo nome divenne sinonimo di controversie legali piuttosto che di atti di carità. Tuttavia, nel 2015, dopo un lungo iter giudiziario, Padre Fedele ottenne l’assoluzione in secondo grado, e nel 2016 la Corte di Cassazione confermò la sua innocenza con la formula “il fatto non sussiste”. Nonostante la sua riabilitazione legale, la Chiesa non revocò mai la sospensione, nonostante i ripetuti appelli di Padre Fedele per essere reintegrato.
Le ultime volontà di Padre Fedele
Negli ultimi giorni della sua vita, secondo quanto riportato da fonti locali, Padre Fedele espresse il desiderio di celebrare almeno un’ultima Messa. Monsignor Giovanni Checchinato, vescovo di Cosenza, lo aveva recentemente visitato e si era mostrato disponibile ad accoglierlo nuovamente nella comunità ecclesiastica. Tuttavia, la morte del religioso sopraggiunse prima che questo desiderio potesse essere realizzato. La sua figura, segnata da una lunga vicenda giudiziaria e da una sospensione che non trovò mai una revisione, rimarrà nella memoria collettiva come quella di un uomo la cui vita fu profondamente influenzata da eventi drammatici e controversi. La sua storia solleva interrogativi sulla gestione delle accuse all’interno della Chiesa, sul significato della riabilitazione e sul perdono, temi che continuano a essere di grande attualità nel dibattito pubblico.