Vita e normative nei campi rom: chi sostiene i costi di luce e acqua negli insediamenti autorizzati

Rosita Ponti

Agosto 13, 2025

Il recente incidente avvenuto a Milano, dove quattro minorenni a bordo di un’auto rubata hanno travolto e ucciso un’anziana, ha riacceso il dibattito sui “campi rom” presenti in Italia. Questa realtà complessa intreccia aspetti amministrativi, sociali e di ordine pubblico. Si possono distinguere due modelli principali: i campi autorizzati, regolati dai Comuni, e gli insediamenti abusivi, sorti senza permessi su terreni pubblici o privati. I campi autorizzati offrono accesso attraverso procedure ufficiali e servizi essenziali, mentre gli insediamenti abusivi presentano un’assenza di infrastrutture regolari e sono soggetti a frequenti sgomberi. Comprendere le regole, i costi e la vita quotidiana in queste aree è fondamentale per affrontare una realtà spesso narrata solo attraverso episodi di cronaca.

Campi autorizzati e insediamenti abusivi: differenze e controlli

I campi autorizzati sono aree ufficialmente istituite dalle amministrazioni locali, spesso in risposta a necessità abitative urgenti. Questi campi sono regolati da delibere comunali che stabiliscono criteri di ammissione, durata della permanenza e obblighi per i residenti, come il rispetto delle norme igieniche e la frequenza scolastica per i minori. L’accesso è controllato e, in alcuni casi, le aree sono protette da recinzioni e punti di ingresso sorvegliati.

Al contrario, gli insediamenti abusivi sorgono senza permessi su terreni non destinati a uso abitativo. Questi luoghi non sono soggetti a controlli sistematici e, in assenza di infrastrutture, presentano condizioni di vita spesso precarie. Le autorità possono intervenire con sgomberi, soprattutto in situazioni di rischio per la sicurezza o la salute pubblica.

I servizi disponibili nei campi autorizzati: acqua, elettricità e sicurezza

Nei campi autorizzati, le amministrazioni comunali si impegnano a garantire un minimo di servizi per assicurare condizioni di vita dignitose. Tra i servizi offerti ci sono l’accesso all’acqua potabile, fornita tramite rubinetti centralizzati o impianti individuali; l’elettricità, disponibile attraverso contatori personali o sistemi centralizzati; la raccolta dei rifiuti; e interventi di manutenzione delle aree comuni. In alcune località è prevista anche la connessione alla rete fognaria, mentre in altre si ricorre a bagni chimici o servizi igienici collettivi.

La sicurezza all’interno di questi campi è affidata a pattugliamenti periodici o a vigilanza privata. Inoltre, mediatori culturali e assistenti sociali operano per facilitare l’accesso alla scuola e ai servizi sanitari, riducendo le barriere linguistiche e culturali.

Chi si occupa delle utenze? Regole e tariffe nei regolamenti comunali

La gestione dei costi delle utenze è regolata dai singoli comuni. Alcuni comuni stipulano contratti individuali con i residenti, i quali pagano in base al consumo reale registrato dai contatori. Altri adottano una tariffa forfettaria mensile che copre acqua, luce e, in alcuni casi, gas. Esistono anche modelli misti, dove una parte del costo è sostenuta dal Comune come aiuto abitativo, mentre il resto è a carico delle famiglie.

Nei campi abusivi, invece, gli allacciamenti sono spesso irregolari e realizzati in modo pericoloso, con cavi volanti e prese improvvisate, esponendo i residenti a rischi di incendi e folgorazioni. In tali situazioni, oltre ai pericoli per la sicurezza, si configura anche il reato di furto di energia.

Vita quotidiana e organizzazione interna: regole e gerarchie

Nei campi autorizzati, esistono regole formali stabilite dal Comune e norme sociali proprie della comunità. Spesso è presente un referente, noto come “capo campo”, che mantiene rapporti con le autorità e media tra i residenti. La gerarchia interna è influenzata da legami familiari, età e autorevolezza riconosciuta.

La giornata tipo nei campi include attività domestiche, lavoro (formale o informale) e momenti di socializzazione. Alcuni residenti si dedicano a mestieri tradizionali, come la raccolta e il riciclo di materiali, mentre altri trovano impiego in lavori saltuari. Negli insediamenti abusivi, l’assenza di gestione ufficiale lascia spazio a regole non scritte e a sistemi di leadership interni, spesso informali ma riconosciuti dalla comunità.

Milano e altri capoluoghi: esempi di regolamenti e pratiche

A Milano, i campi autorizzati sono regolati da un disciplinare che prevede servizi minimi garantiti, obblighi di frequenza scolastica per i minori e verifiche periodiche. La permanenza è concessa per periodi rinnovabili, subordinati al rispetto delle regole.

A Torino, negli ultimi anni, si è puntato alla riduzione dei grandi campi, promuovendo micro-aree per piccoli nuclei familiari, con l’obiettivo di favorire l’integrazione nel tessuto urbano. A Bologna, parte dei fondi comunali è stata destinata a progetti di housing sociale, con l’assegnazione di alloggi popolari in alternativa ai campi. Questi esempi dimostrano come, in assenza di una legge nazionale specifica, ogni Comune adotti soluzioni proprie, influenzate dalla disponibilità di risorse e dal contesto sociale.

Costi pubblici e politiche: analisi di report e studi indipendenti

Secondo l’Associazione 21 luglio, il mantenimento di un campo autorizzato può costare ai Comuni centinaia di migliaia di euro l’anno, considerando spese per servizi, manutenzione e interventi sociali. Amnesty International e altre ONG hanno ripetutamente sottolineato come il modello dei campi, pur offrendo condizioni migliori rispetto agli insediamenti abusivi, possa ostacolare percorsi di integrazione a lungo termine, mantenendo una separazione fisica e sociale.

Diverse amministrazioni stanno progressivamente chiudendo i campi più grandi, sostituendoli con soluzioni abitative distribuite sul territorio, ritenute più efficaci nel promuovere l’inclusione.

Gestione sanitaria nei campi autorizzati

L’accesso ai servizi sanitari di base è garantito attraverso la registrazione al Servizio sanitario nazionale, anche se non sempre è uniforme. In vari campi autorizzati, vengono organizzate campagne di vaccinazione, screening medici periodici e visite pediatriche, spesso in collaborazione con le ASL e associazioni di volontariato. In caso di emergenze igienico-sanitarie, come epidemie o infestazioni, le autorità possono predisporre interventi straordinari di bonifica. Negli insediamenti abusivi, la mancanza di infrastrutture rende più complesso l’accesso a cure regolari e aumenta il rischio di malattie trasmissibili.

Istruzione dei minori e inclusione scolastica

Nei campi autorizzati, i regolamenti comunali impongono la frequenza scolastica per i bambini, con controlli periodici da parte dei servizi sociali. Sono attivi progetti di mediazione culturale che coinvolgono famiglie e insegnanti, per ridurre il tasso di abbandono scolastico, ancora superiore alla media nazionale. Alcuni Comuni organizzano trasporti dedicati per accompagnare i minori a scuola e prevedono attività extracurricolari per favorire l’inclusione. Negli insediamenti abusivi, la frequenza scolastica è più discontinua, a causa della precarietà abitativa e degli sgomberi frequenti.

Progetti per superare i campi

Negli ultimi anni, alcune amministrazioni locali hanno scelto di superare gradualmente il modello dei campi rom, considerato da molti un ostacolo all’integrazione. Firenze, ad esempio, ha attuato un piano di chiusura progressiva degli insediamenti, offrendo alle famiglie alternative abitative in appartamenti pubblici o in affitto calmierato. Anche Genova e Padova hanno sperimentato soluzioni simili, affiancando l’assegnazione di alloggi a percorsi di inserimento lavorativo e scolastico. I primi risultati indicano che la dispersione abitativa favorisce una maggiore partecipazione alla vita della città e riduce episodi di conflitto sociale.

Il quadro normativo: cosa possono fare i Comuni

In Italia, non esiste una legge nazionale che regoli in modo uniforme i campi rom. La gestione è affidata alle amministrazioni comunali, che possono decidere se istituirli, mantenerli o chiuderli, definendo in autonomia regole di accesso, servizi e tariffe. Alcune Regioni hanno emanato linee guida, ma la decisione finale resta locale.

Per gli insediamenti abusivi, si applicano le norme urbanistiche e sanitarie: in caso di occupazione illegale e rischi per la salute, i Comuni possono disporre sgomberi e bonifiche delle aree. La questione rimane quindi legata alla volontà politica e alla disponibilità di risorse delle singole amministrazioni.

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