Lampedusa: il difficile riconoscimento delle salme, una donna somala in lutto

Veronica Robinson

Agosto 15, 2025

Una tragedia in mare ha colpito duramente le famiglie di migranti che cercavano un futuro migliore in Europa. Il 14 agosto 2025, a 14 miglia dalla costa di Lampedusa, una barca stracolma di persone ha cominciato a imbarcare acqua, trasformando un viaggio di speranza in un incubo senza fine. Tra i passeggeri, una giovane donna somala ha vissuto il dramma di perdere la propria neonata, che le è scivolata dalle braccia mentre il marito, incapace di nuotare, veniva inghiottito dalle onde.

Fino a tarda sera, la donna ha mantenuto una flebile speranza di ritrovare il marito vivo. Tuttavia, la realtà si è rivelata ben più cruda quando gli agenti di polizia le hanno mostrato le fotografie di 23 vittime, anime perdute nel doppio naufragio. Il riconoscimento del volto della figlia e quello del marito ha causato un dolore insopportabile, portandola a un crollo emotivo che ha segnato la sua esistenza.

La sofferenza non ha colpito solo la donna somala. Anche un uomo, anch’egli originario della Somalia, ha subito un malore dopo aver riconosciuto la cugina adolescente e un ragazzino di circa 14 anni, il quale ha visto il volto del fratello tra le immagini. La sua reazione è stata devastante: in lacrime, ha ripetuto all’infinito la frase “non è possibile”, incapace di accettare la perdita.

Il dramma del riconoscimento dei cadaveri

Lo straziante processo di identificazione dei corpi continua. Un adolescente egiziano, sopravvissuto alla tragedia, è riuscito a riconoscere lo zio e il nipote di sua zia, i quali avevano lasciato l’Egitto per cercare un futuro migliore in Francia, dopo mesi di prigionia in Libia. La loro storia, come quella di molti altri, è segnata da sofferenza e speranza infranta.

Un altro giovane egiziano ha identificato il suo amico, con il quale aveva intrapreso il viaggio verso l’Europa. Tra i sopravvissuti, 21 minori non accompagnati hanno trovato il coraggio di affrontare il dolore, ma non tutti sono stati in grado di farlo. Un ragazzino, dopo aver riconosciuto il nipote, ha abbassato lo sguardo e si è chiuso nel silenzio, incapace di rispondere alle domande degli agenti di polizia e dei mediatori culturali.

Una giovane superstite ha chiesto di non partecipare al riconoscimento. Ha perso diversi familiari e, pur essendo sola all’hotspot, non è riuscita a trovare la forza per affrontare le immagini dei suoi cari. La sua scelta evidenzia la profondità del trauma vissuto da chi ha sopravvissuto a un evento così devastante, lasciando un segno indelebile nelle loro vite e nelle vite delle famiglie rimaste in attesa di notizie.

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