Alzheimer, “Diceva cose strane” (e nessuno ci faceva caso): così inizia spesso un declino invisibile

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Il segnale che si nasconde in una frase comune: come l’Alzheimer può farsi strada parlando - Alzheimer

Lorenzo Fogli

Agosto 17, 2025

I cambiamenti nel linguaggio possono svelare i primi segnali dell’Alzheimer. Ecco cosa osservare e quando preoccuparsi, secondo un nuovo studio universitario.

Durante le prime fasi dell’Alzheimer, i sintomi possono sembrare vaghi e facilmente confondibili con semplici distrazioni o stanchezza mentale. Piccole dimenticanze, difficoltà a seguire un discorso o a trovare le parole giuste vengono spesso sottovalutate. Ma proprio questi dettagli, secondo un’analisi della Nottingham Trent University, potrebbero rappresentare i primi segnali di un declino cognitivo in atto. La dottoressa Sara Curtis, esperta di linguaggio e comunicazione, ha pubblicato un intervento su The Conversation in cui individua con precisione cinque cambiamenti nella comunicazione orale che, se ricorrenti, meritano attenzione. Lo studio si concentra in particolare sul modo in cui le persone parlano: tono, pause, vocabolario, struttura delle frasi. Tutti elementi che possono trasformarsi, senza che ce ne si accorga, in veri campanelli d’allarme.

Parole in fuga, pause insolite e giri di frasi: i segnali da non ignorare

Uno dei primi aspetti da osservare è la difficoltà nel trovare parole specifiche durante una conversazione. Questo può causare pause più lunghe del normale, esitazioni, o l’uso eccessivo di parole vaghe come cosa, quello, quella cosa là. La persona può iniziare a parlare senza riuscire a concludere un pensiero, oppure girare intorno a una parola che non arriva mai. “Capita spesso – spiega la dottoressa Curtis – che, nel tentativo di recuperare un termine mancante, si costruiscano frasi descrittive: ‘quelli che abbaiano’ al posto di cani, oppure ‘quelli che stanno al guinzaglio’”.

Un altro segnale riguarda l’uso di parole sbagliate o sostitutive. Chi è colpito nelle prime fasi della malattia può scambiare termini simili (come gatto al posto di cane) o ricorrere a categorie più ampie e meno precise: animale, cosa da mangiare, oggetto da cucina. Questo tipo di sostituzione verbale non è raro, ma se si presenta con costanza, può essere indicativo di un deterioramento delle capacità linguistiche legato alla memoria.

C’è poi il caso di chi parla di fare qualcosa ma non lo fa più. Invece di iniziare un compito semplice, la persona si sofferma su riflessioni: “non so se riesco”, “una volta sapevo farlo”. Secondo Curtis, questo comportamento potrebbe nascondere un’incertezza crescente verso attività quotidiane, un segnale sottile ma potenzialmente legato alla perdita di autonomia.

Vocabolario ristretto, confusione tra categorie e difficoltà con nomi comuni

Tra gli indizi meno evidenti, ma comunque rilevanti, c’è l’impoverimento del linguaggio. Le frasi diventano semplici, ripetitive, con un uso limitato di verbi e aggettivi. Alcune persone iniziano a usare sempre le stesse espressioni o collegano le frasi con congiunzioni semplici: e, ma, poi, dando vita a discorsi che sembrano piatti o privi di dettagli. “Un cambiamento nella varietà del lessico – spiega Curtis – può sembrare banale, ma dice molto sul funzionamento delle aree cerebrali che regolano memoria e linguaggio”.

Un altro aspetto che emerge nei test cognitivi è la difficoltà nel nominare oggetti appartenenti a una stessa categoria. Vengono proposte domande come: Dimmi tre frutti, oppure quali sono i giorni della settimana, cita tre animali marini. Le persone con forme precoci di Alzheimer possono non riuscire a completare il compito o confondere le categorie. Un errore frequente è cercare di cambiare argomento oppure rispondere con termini fuori contesto. In casi avanzati, la difficoltà si estende anche a nomi comuni e usati ogni giorno, come quelli di familiari, oggetti casalinghi, o parti del corpo.

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Il segnale che si nasconde in una frase comune: come l’Alzheimer può farsi strada parlando – Alzheimer

La progressione di questi segnali non è uguale per tutti. Alcuni individui possono rimanere stabili per anni, altri peggiorano in modo più rapido. Ma il linguaggio è una delle chiavi più dirette per osservare l’attività cognitiva. È per questo che, negli ultimi anni, numerosi studi clinici stanno puntando proprio sull’analisi del parlato, anche attraverso software di intelligenza artificiale o test digitali, come metodo di screening non invasivo.

Secondo i dati più recenti dell’Alzheimer’s Society, in Italia ci sono circa 600.000 persone affette da Alzheimer. Riconoscere i primi segnali – anche se sfumati – potrebbe fare la differenza, aiutando i pazienti a intraprendere terapie e interventi precoci.

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