Mediobanca ha annunciato che, a seguito dell’esito dell’Assemblea dei soci, l’offerta su Banca Generali è considerata decaduta. La comunicazione è pervenuta da Piazzetta Cuccia, che ha confermato che l’assemblea ha bocciato l’operazione di offerta pubblica di scambio riguardante la controllata del Leone di Trieste.
Il rifiuto all’offerta di Banca Generali, espresso dall’assemblea degli azionisti di Mediobanca, è stato attribuito a un evidente conflitto di interesse. Questa dichiarazione è stata rilasciata dall’Amministratore Delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, nella nota ufficiale. Nagel ha evidenziato che il voto ha dimostrato chiaramente che coloro che non si trovavano in una posizione di conflitto hanno espresso il loro consenso, in particolare il mercato, seguendo le raccomandazioni dei proxy advisors internazionali.
Nagel ha sottolineato come questa situazione rappresenti “un’opportunità , per ora, mancata” per lo sviluppo della banca e del sistema finanziario italiano. Nella nota, ha ringraziato tutti coloro che hanno sostenuto il processo di crescita e trasformazione di Mediobanca, evidenziando l’importanza dell’operazione su Banca Generali come un passo fondamentale verso la creazione di un Wealth Manager di respiro internazionale.
La proposta di Mediobanca
A fine aprile 2025, Mediobanca aveva presentato una proposta di offerta pubblica di scambio sul 100% delle azioni di Banca Generali, offrendo al Leone di Trieste la propria partecipazione in cambio della controllata. Questa operazione mirava a consolidare la posizione di Mediobanca nel settore, cercando di espandere la propria influenza nel mercato dei wealth management.
Il no del Gruppo Caltagirone
L’assemblea degli azionisti, che si è tenuta oggi con la partecipazione del 78% del capitale, ha respinto la proposta del consiglio riguardante l’offerta pubblica di scambio volontaria su tutte le azioni ordinarie di Banca Generali. Il Gruppo Caltagirone, detentore del 10% del capitale, si è opposto in modo sostanziale all’operazione. Inoltre, il 32% degli azionisti si è astenuto dal voto, di cui il 20% rappresentato da Delfin, il 5% da Casse Previdenziali italiane (Ensarco, Epam, Forense), il 3% da investitori istituzionali (Amundi, Anima, Tages), e il 2% da Edizione Holding e Unicredit. Solo il 35% degli azionisti ha votato a favore, composto per il 25% da investitori istituzionali e per il 10% da privati.