Il dispositivo elettrico ha permesso di ottenere benefici dove farmaci e terapie avevano sempre fallito.
Dopo una vita segnata da una depressione grave e resistente, durata più di tre decenni, un uomo di 44 anni ha trovato sollievo grazie a una tecnologia innovativa: un dispositivo impiantato nel cervello, simile a un pacemaker neurale, ha trasformato la sua condizione, restituendogli una pace mentale che sembrava perduta. Il caso, riportato sul New Scientist e descritto in dettaglio su PsyArXiv, potrebbe aprire la strada a nuove speranze terapeutiche per chi non risponde ai trattamenti tradizionali.
Il paziente, affetto da depressione maggiore sin dall’adolescenza, aveva provato più di venti approcci terapeutici: farmaci antidepressivi, psicoterapia, elettroshock. Nessuno di questi, però, era riuscito a spezzare il ciclo di dolore psicologico che lo accompagnava da una vita. Tre i tentativi di suicidio registrati nel suo passato, a conferma della gravità della situazione.
Stimolazione elettrica personalizzata: il metodo che ha fatto la differenza
A occuparsi del caso è stato un team dell’Università del Minnesota, negli Stati Uniti, che ha scelto una strada diversa: non un trattamento standard, ma una stimolazione cerebrale mirata e progettata su misura per il singolo paziente.
Per farlo, i neuroscienziati hanno sottoposto l’uomo a risonanza magnetica funzionale, individuando quattro specifici network cerebrali alterati, già noti in letteratura per essere collegati alla depressione. Tra questi, la rete della salienza, implicata nella gestione dell’attenzione tra stimoli esterni e interni, risultava iperattiva e più estesa del normale.

Con questi dati alla mano, hanno impiantato quattro gruppi di elettrodi nei punti chiave del cervello, attraverso piccoli fori nel cranio. Dopo appena tre giorni, sono iniziate le prime stimolazioni separate delle aree. I risultati sono stati immediati: la stimolazione del default mode network ha generato nel paziente una sensazione di gioia intensa, mai più provata da trent’anni.
La rete action-mode e quella della salienza gli hanno restituito calma mentale, mentre la stimolazione del circuito frontoparietale, legato al processo decisionale, ha migliorato la concentrazione.
Un dispositivo da portare sempre con sé: così funziona il pacemaker cerebrale
Una volta accertati i benefici, gli scienziati hanno progettato un impianto permanente: un sistema portatile capace di stimolare il cervello anche a casa. I fili degli elettrodi sono stati collegati a due piccole batterie impiantate sottopellevicino alla clavicola. Il pacemaker cerebrale stimola le aree ogni cinque minuti per sessanta secondi, in modo continuativo. Il dispositivo è collegato a una app dedicata, che consente al paziente di scegliere la modalità di stimolazione più adatta al suo stato emotivo.
Nel corso dei sei mesi successivi alla dimissione, i dati registrati e un diario personale tenuto dal paziente hanno permesso ai ricercatori di ottimizzare i parametri del dispositivo. Dopo appena sette settimane, i pensieri suicidari erano scomparsi. A nove mesi dall’intervento, la depressione era in remissione clinica, secondo i criteri diagnostici ufficiali.
Il caso non rappresenta ancora una “cura”, ma è una prova concreta del potenziale della neurostimolazione personalizzata. Prima che il dispositivo possa diventare un’opzione terapeutica reale, serviranno studi clinici controllati, condotti su pazienti con cervelli diversi e con un gruppo placebo di confronto. Ma la strada, per la prima volta, sembra aperta.