Nel periodo compreso tra il 2025 e il 2029, si prevede che oltre 3 milioni di lavoratori italiani, corrispondenti a circa il 12,5% della forza lavoro nazionale, abbandoneranno definitivamente i loro posti di lavoro per ritirarsi in pensione. Questa stima proviene dall’Ufficio studi della Cgia, che ha analizzato i dati forniti dal Sistema Informativo Excelsior, elaborato in collaborazione tra Unioncamere e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Motivi di pensionamento
La Cgia specifica che la maggior parte di questi lavoratori andrà in pensione per motivi legati all’età. Tuttavia, esiste anche una piccola percentuale di individui che lascerà il lavoro per altre ragioni, come il ritiro volontario, la perdita del posto, l’emigrazione all’estero o il passaggio da un impiego dipendente a uno autonomo e viceversa.
Analisi dei settori
Analizzando i numeri, si scopre che tra i 3 milioni di lavoratori in procinto di ritirarsi, 1.608.300 provengono dal settore privato, rappresentando il 52,8% del totale da rimpiazzare. Al contempo, 768.200 lavoratori appartengono all’Amministrazione pubblica, che costituisce il 25,2%, mentre 665.500 sono lavoratori autonomi, pari al 21,9%. Nei prossimi anni, il Paese si troverà di fronte a una vera e propria “fuga” da uffici e catene di montaggio.
Conseguenze dell’esodo
Questa situazione rappresenta un “esodo” senza precedenti, con milioni di individui che transiteranno dall’attività lavorativa all’inattività in un lasso di tempo ridotto, generando conseguenze significative dal punto di vista sociale, economico e occupazionale. Gli imprenditori, già in difficoltà nel reperire manodopera disposta a lavorare in fabbrica o nei cantieri, si trovano ora a dover affrontare una sfida ancor più ardua. La situazione si farà critica nei prossimi anni, quando una parte sostanziale della forza lavoro attiva si ritirerà, in particolare per raggiunti limiti di età.