Lo xenotrapianto sperimentale è avvenuto a Guangzhou: un traguardo storico, ma restano dubbi su rigetto e infezioni.Per la prima volta nella storia della medicina, un polmone di maiale geneticamente modificato è stato trapiantato con successo in un essere umano.
L’intervento sperimentale, eseguito il 15 maggio 2024 presso l’Università medica di Guangzhou, in Cina, rappresenta una svolta epocale nella ricerca sui trapianti d’organo. A coordinare l’equipe chirurgica è stato il professor Jianxing He, già noto nel campo della chirurgia toracica. Il paziente ricevente era un uomo di 39 anni, dichiarato clinicamente in morte cerebrale in seguito a un’emorragia cerebrale. Il polmone trapiantato è rimasto in vita per nove giorni, dimostrando che lo xenotrapianto polmonare – finora solo ipotizzato – è tecnicamente possibile.
La notizia è stata pubblicata il 25 agosto 2025 sulla rivista scientifica Nature Medicine e ha già sollevato un vivace dibattito nel mondo scientifico.
Un passo in avanti storico, ma non privo di limiti e rischi
Il polmone utilizzato proveniva da un maiale geneticamente modificato tramite la tecnica CRISPR-Cas9, con sei geni alterati per ridurre la possibilità di rigetto. Durante i primi giorni dopo l’intervento, i medici hanno osservato segni di infiammazione e accumulo di liquidi all’interno del polmone, ma nessun rigetto immediato. Tuttavia, già al terzo giorno, gli anticorpi del paziente hanno iniziato ad attaccare l’organo trapiantato, segnando l’inizio di una risposta immunitaria.
I risultati, pur preliminari, confermano una svolta concettuale: il polmone di origine animale può sopravvivere temporaneamente in un organismo umano. Tuttavia, come spiegano gli autori dello studio, “permangono notevoli difficoltà legate al rigetto e al rischio di infezioni, ed è necessario condurre ulteriori test preclinici prima di poter pensare a una reale applicazione clinica”.

Lo xenotrapianto polmonare si aggiunge così alle precedenti sperimentazioni su cuore, rene e fegato. In particolare, sempre in Cina, era già stato eseguito un trapianto di fegato di maiale su un paziente in morte cerebrale il 10 marzo 2024, con un sopravvivenza dell’organo di 29 giorni. Nel caso del cuore, su primati non umani, la sopravvivenza documentata ha raggiunto i 2 anni e mezzo.
Secondo il professor Emanuele Cozzi, immunologo dei trapianti e membro del Centro Nazionale Trapianti italiano, “già il trapianto di polmone da donatore umano è una procedura complessa; farlo da un maiale presenta rischi ancora più elevati”.
In Italia la sperimentazione è bloccata: il nodo normativo
Mentre la Cina guida la corsa agli xenotrapianti, in Italia la situazione è decisamente più restrittiva. A causa del Decreto Legislativo 26/2014, è vietata la sperimentazione sugli xenotrapianti d’organo su modelli animali. Il divieto rientra in una moratoria più ampia che interessa anche le sostanze da abuso e che, nonostante le richieste del mondo scientifico, è stata prorogata nel tempo. L’intenzione era favorire lo sviluppo di metodi alternativi alla sperimentazione animale, ma molti ricercatori temono che ciò possa rallentare la ricerca su terapie salvavita.
“Se non si possono testare nuovi organi su animali, sarà difficile arrivare a una sperimentazione sicura sull’uomo”, osservano alcuni esperti del settore. La preoccupazione riguarda anche la competitività scientifica dell’Europa, che rischia di rimanere indietro rispetto a Paesi come Cina e Stati Uniti, dove gli xenotrapianti sono ormai parte integrante dei laboratori di ricerca biomedica.
Nel 2025, il campo dei trapianti di organi si avvicina sempre più a una rivoluzione biotecnologica. Le modifiche genetiche sugli animali donatori, combinate all’utilizzo di farmaci immunosoppressori di nuova generazione, rendono possibili risultati impensabili fino a pochi anni fa. Eppure, come sottolineano tutti gli scienziati coinvolti, siamo ancora alle fasi iniziali.
Lo xenotrapianto polmonare rappresenta una soglia simbolica oltre la quale inizia un nuovo capitolo della medicina.
Se oggi il polmone di un maiale può vivere nove giorni in un corpo umano, domani potrebbe garantire settimane, mesi, forse anni. Ma la strada è lunga, e segnata da incognite etiche, biologiche e normative. Sarà compito della comunità scientifica, politica e sociale decidere se e come percorrerla.