Trump chiude con Kiev, l’Ue si divide: cosa rischia davvero l’Ucraina adesso

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Trump chiude i rubinetti? Il presidente ucraino sempre più preoccupato.Fonte foto www.wikipedia.it-rcovid19.it

Lorenzo Fogli

Agosto 28, 2025

Dalle dichiarazioni esplosive di Trump al sostegno frammentato dell’Unione europea: un’analisi sui nuovi equilibri geopolitici e sulle tre condizioni minime per garantire il futuro di Kiev.

Mentre la guerra continua e la diplomazia vacilla, si intensificano le fratture tra gli alleati dell’Ucraina.
Donald Trump, tornato protagonista nel dibattito internazionale, ha dichiarato pubblicamente che gli Stati Uniti non daranno più un dollaro a Kiev. Anzi, ha rilanciato la sua posizione: “Trattiamo con la Nato, non con l’Ucraina”, liquidando Volodymyr Zelensky come “il più grande venditore del mondo”. Frasi che hanno fatto rapidamente il giro del mondo, mettendo in discussione l’asse occidentale contro l’invasione russa e riaccendendo i riflettori su una nuova conversazione, questa volta diretta, tra Trump e Vladimir Putin.

Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. Ma, come spesso accade, l’Unione europea si è mossa in modo frammentato. La Francia e il Regno Unito hanno promesso un eventuale invio di truppe, Germania e Norvegiapuntano sul sostegno economico, mentre l’Italia concentra i suoi sforzi su sminamento e ricostruzione. Nel frattempo, la Polonia – un tempo baluardo della pressione occidentale – sembra essersi ritrovata con le mani legate, stretta tra equilibri interni e pressioni esterne.

Zelensky rilancia: la soglia minima per la difesa è già calcolata

Il presidente ucraino non resta in silenzio. Con una mossa comunicativa chiara e decisa, Zelensky ha rilanciato la cifra minima che i partner dovrebbero garantire a Kiev per mantenere il fronte attivo: un ammontare destinato all’acquisto di armi statunitensi e a mantenere la resistenza sotto controllo. Sebbene il numero non sia stato ufficialmente confermato in tutte le sedi internazionali, è ormai noto che si tratti di una somma miliardaria, considerata da molti alleati come un punto di partenza più che un traguardo.

Zelensky
Vladimir Zelensky, presidente dell’ UcrainaFonte foto www.wikipedia.it-rcovid19.it

In questo quadro incerto, Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa presso lo Istituto Affari Internazionali (IAI), ha identificato tre condizioni fondamentali per garantire la sicurezza dell’Ucraina anche in uno scenario geopolitico in rapida evoluzione:

  1. Sostegno militare stabile e multilaterale, che non si basi solo sulla buona volontà di singoli Stati.

  2. Garanzie politiche condivise in sede Nato, per scoraggiare eventuali ulteriori aggressioni.

  3. Investimenti strutturali nella difesa e nella resilienza interna dell’Ucraina, compresi sminamento, logistica e tecnologie.

Tutte misure che richiedono unità di intenti e visione a lungo termine. Due qualità che, al momento, sembrano mancare tanto a Bruxelles quanto a Washington.

Le nuove alleanze e i rischi di una disgregazione dell’Occidente

Il ritorno sulla scena di Trump – sempre più centrale anche nei sondaggi in vista delle elezioni USA del 2026 – sta già producendo effetti a catena. Le sue parole mettono in discussione il principio cardine della solidarietà atlantica e offrono a Putin un margine diplomatico imprevisto. Se l’America si sfila, o anche solo si limita a trattare “solo con la Nato”, le dinamiche del conflitto potrebbero cambiare radicalmente.

Nel frattempo, l’Unione europea mostra segnali evidenti di mancanza di coesione. Ogni Stato si muove in ordine sparso, con priorità e interessi strategici divergenti. Anche i nuovi pacchetti di aiuti – approvati o in fase di discussione a Bruxelles – non sembrano compensare l’incertezza politica che domina il quadro.

L’Italia, per esempio, ha scelto una linea più tecnica, proponendo un ruolo centrale nelle operazioni di sminamento e nei progetti di ricostruzione infrastrutturale, soprattutto nelle aree urbane devastate. Un’azione importante, ma che non può bastare se slegata da un impegno militare e strategico comune.

In parallelo, la Polonia, un tempo considerata avamposto dell’Occidente contro l’espansionismo russo, appare oggi più isolata. Questioni interne, tensioni politiche e mancanza di fondi ne limitano la capacità d’intervento. Varsavia guarda con preoccupazione all’evolversi dello scenario, ma può fare poco senza il sostegno coordinato di Bruxelles e Washington.

Nel 2025, il vero rischio non è solo il conflitto armato, ma la frammentazione politica dell’Occidente.
Le parole di Trump e la reazione scomposta dei governi europei sono il sintomo di una crisi più profonda: quella della fiducia reciproca tra alleati. In un mondo che cambia rapidamente, la sicurezza dell’Ucraina non è solo una questione militare, ma un test di credibilità politica per l’intero fronte occidentale. E il tempo per dimostrare coerenza e visione si sta rapidamente esaurendo.

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