Ultrà condannato per violenze: il datore di lavoro ha facoltà di licenziarlo

Veronica Robinson

Settembre 1, 2025

Un operaio catanese, noto per la sua appartenenza a un gruppo di tifosi, si è visto confermare dalla Corte di Cassazione il licenziamento dopo essere stato condannato a otto mesi di reclusione per oltraggio alle forze di polizia, istigazione a resistere e altri delitti contro la persona. La sentenza, riportata il 15 gennaio 2025 dal quotidiano “Messaggero”, ha stabilito che le frasi pronunciate dall’uomo, ritenute dai giudici come istigazione alla violenza, giustificano la decisione dell’azienda di interrompere il suo contratto di lavoro.

Il dibattito sulla responsabilità morale

Il caso ha suscitato un ampio dibattito sulla responsabilità morale dei dipendenti al di fuori dell’ambito lavorativo. Nonostante le azioni dell’operaio non fossero direttamente collegate alla sua attività lavorativa, i giudici hanno ritenuto che la condanna inflitta avesse un impatto negativo sulla sua immagine e reputazione, compromettendo così la fiducia dell’azienda nei suoi confronti.

Il licenziamento giustificato

La Corte ha chiarito che un licenziamento può essere considerato giustificato quando un dipendente commette reati che ledono il valore morale della propria persona, anche se tali atti avvengono al di fuori del contesto lavorativo. Questa decisione stabilisce un importante precedente, sottolineando come le azioni personali possano influenzare il rapporto di lavoro e la fiducia reciproca tra dipendente e datore di lavoro.

La crescente attenzione verso il comportamento dei lavoratori

L’operato della giustizia in questo caso mette in luce la crescente attenzione verso il comportamento dei lavoratori, non solo in ambito professionale, ma anche nella vita quotidiana. La sentenza della Corte di Cassazione rappresenta un passo significativo nel delineare i confini tra vita personale e professionale, evidenziando le responsabilità che ogni individuo ha nei confronti della propria immagine pubblica.

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