Usa, Google deve condividere i dati ma non vendere Chrome e Android

Veronica Robinson

Settembre 3, 2025

La recente sentenza emessa da un giudice federale ha segnato un’importante vittoria per il gruppo Alphabet, proprietario di Google, in una causa avviata dal governo degli Stati Uniti riguardo il presunto monopolio nel settore dei motori di ricerca. La decisione, che ha avuto luogo il 15 gennaio 2025, ha avuto un impatto immediato sul mercato, facendo schizzare in alto il valore delle azioni di Alphabet.

Dettagli della sentenza

Il giudice Amit Mehta ha redatto un documento di 230 pagine in cui ha respinto le richieste dell’amministrazione statunitense di obbligare Alphabet a cedere il proprio browser web Chrome e il sistema operativo Android. Nella sua sentenza, Mehta ha affermato che il governo ha “esagerato nel chiedere la cessione forzata di queste risorse chiave, che Google non ha utilizzato per attuare alcuna restrizione illegale”. Tuttavia, il giudice ha imposto divieti all’azienda, vietando la stipula di accordi esclusivi per la distribuzione dei suoi principali servizi, tra cui la ricerca online, Chrome e il software di intelligenza artificiale Gemini.

Impatto sul mercato

Nonostante le restrizioni, la sentenza consente a Google di continuare a pagare aziende come Apple e Mozilla per preinstallare i propri servizi. È emerso che Apple ha ricevuto miliardi di dollari per avere Google Search come motore di ricerca predefinito sugli iPhone, mentre per Mozilla, la preinstallazione di Google Search nel browser Firefox rappresenta una fonte cruciale di guadagni.

Confronto con l’Unione Europea

A differenza dell’Unione Europea, dove gli utenti possono scegliere esplicitamente il motore di ricerca da utilizzare, il giudice Mehta ha escluso l’implementazione di una simile opzione negli Stati Uniti. Inoltre, Google sarà obbligata a condividere alcuni dati del proprio motore di ricerca con i concorrenti, inclusi dettagli dell’indice di ricerca e informazioni sulle interazioni degli utenti. Questi dati sono destinati a supportare motori di ricerca rivali come Bing e DuckDuckGo, oltre a società di intelligenza artificiale come OpenAI, produttore di ChatGPT, nella creazione di prodotti competitivi.

Prospettive future

La causa ha origine da una sentenza del 2024, che ha stabilito che Google detiene un monopolio nel campo della ricerca web, proteggendo la propria posizione attraverso pratiche sleali. Il processo attuale si concentra sulle implicazioni di tale decisione. Google ha già annunciato l’intenzione di presentare ricorso, suggerendo che la sentenza del 15 gennaio potrebbe rappresentare solo un capitolo di una lunga e complessa battaglia legale. Nel frattempo, la reazione del mercato è stata positiva: le azioni di Alphabet hanno visto un incremento del 7% nelle contrattazioni post-mercato, mentre quelle di Apple hanno guadagnato il 3%.

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