I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ravenna hanno eseguito due provvedimenti di sequestro preventivo nei confronti di due società di capitali, una operante nella Provincia di Ravenna e l’altra nell’hinterland romano. L’operazione, che ha avuto luogo nel mese di gennaio del 2025, ha portato al sequestro di beni per un valore complessivo di circa 40 milioni di euro.
Le indagini, dirette dalla Procura Europea con sede a Bologna, hanno preso avvio dall’analisi del settore della produzione e distribuzione di software e prodotti informatici. Gli investigatori hanno riscontrato anomalie legate a prezzi di vendita eccessivamente concorrenziali, attivando così approfondimenti che hanno superato i confini nazionali. Grazie a strumenti di cooperazione giudiziaria, sono stati coinvolti diversi Paesi, tra cui Svizzera, Antille Olandesi, Belgio, Lettonia, Olanda e Ungheria, dove sono transitate fatture e flussi finanziari legati alla frodi.
La frode carosello scoperta
Il risultato di queste indagini ha portato alla luce una delle più significative frodi carosello mai registrate nella provincia di Ravenna. Questa frode, che coinvolge numerosi soggetti, molti dei quali fittizi e residenti all’estero, ha come obiettivo quello di far circolare prodotti commercializzati, spesso solo sulla carta, per creare indebiti crediti IVA. Questo meccanismo consente ai beneficiari finali di ottenere vantaggi competitivi sul mercato, danneggiando la leale concorrenza tra operatori.
Il sistema fraudolento permette di aumentare i volumi di vendita e i margini di profitto, arrivando in alcuni casi a ottenere rimborsi fiscali per l’IVA a credito o la compensazione indebita delle imposte sui redditi. Per quanto riguarda la società ravennate, è emerso che gli acquisti dai fornitori avvenivano a prezzi inferiori rispetto a quelli proposti dalla casa madre. Le intercettazioni telefoniche e le chat informatiche hanno rivelato che gli indagati definivano i fornitori come appartenenti a un “mercato grigio” o “mercato creativo”. In alcuni casi, la società riusciva a vendere ai clienti a un prezzo pari a quello che avrebbe dovuto pagare alla casa madre, mantenendo comunque un margine di guadagno superiore al 10% per ogni prodotto.
Consapevolezza e pianificazione delle frodi
Le intercettazioni hanno anche dimostrato la consapevolezza degli amministratori e di alcuni dipendenti riguardo al coinvolgimento nel sistema di frode. Gli indagati, a seguito di perquisizioni, pianificavano cosa comunicare agli investigatori in caso di interrogatori, cercando di evitare sospetti. Questa consapevolezza ha portato non solo alla denuncia dei soggetti coinvolti, ma anche alla responsabilità della società per l’utilizzo di oltre 128 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti, con una sottrazione al Fisco di oltre 27 milioni di euro di IVA. Gli importi sono stati segnalati anche all’Agenzia delle Entrate locale.
Durante le indagini, le Fiamme Gialle di Ravenna hanno scoperto che le condotte fraudolente si inserivano in una frode carosello a livello europeo, che dal 2015 al 2022 ha visto l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di oltre 70 società , per un valore complessivo di oltre 2 miliardi di euro.
Il coinvolgimento di una seconda societÃ
È stata identificata anche una seconda società italiana, attiva nel territorio romano, che ha contabilizzato fatture per operazioni inesistenti per circa 53,5 milioni di euro. Anche in questo caso, l’Autorità Giudiziaria ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo per circa 12 milioni di euro, esteso all’amministratore di fatto della società . Durante l’operazione, sono state sequestrate anche due auto d’epoca.
Fino a questo momento, le operazioni hanno portato al sequestro di oltre 28 milioni di euro in disponibilità finanziarie, immobili e quote societarie. Le autorità giudiziarie, su richiesta della Procura Europea, stanno valutando la nomina di un amministratore giudiziario per garantire la continuazione dell’attività imprenditoriale delle società coinvolte.