La crisi politica che sta attraversando la Francia ha raggiunto un momento cruciale. Il premier François Bayrou ha presentato un piano di risparmi da 44 miliardi di euro, fondamentale per affrontare il deficit e il debito pubblico, attualmente fissati rispettivamente al 5,8% e al 113% del PIL. Domani, 11 settembre 2025, Bayrou dovrà affrontare un voto di fiducia che potrebbe sancire la fine del suo governo, un esito che sembra sempre più probabile vista la mancanza di supporto parlamentare.
Le opposizioni, che hanno saputo capitalizzare su una maggioranza parlamentare frammentata a seguito delle elezioni del 2024, si preparano a votare contro il piano di Bayrou. Nonostante le divergenze interne, i vari gruppi politici si uniscono in questa battaglia, mostrando un fronte comune contro l’attuale governo.
Le conseguenze della crisi politica
La precarietà della situazione politica francese non solo mette a rischio il governo, ma solleva anche preoccupazioni riguardo a una potenziale recessione economica e all’aumento dei costi del debito. La legge di bilancio, che include tagli sociali controversi, ha già suscitato forti proteste e altre manifestazioni sono previste per il 10 settembre, quando il movimento “Bloquons tout” organizzerà una grande mobilitazione, simile a quella dei gilet gialli. La discussione sulla fiducia, inizialmente programmata per ottobre, è stata anticipata su richiesta dello stesso premier, con l’intento di affrontare il problema del sovraindebitamento.
Nel caso in cui il governo di Bayrou dovesse cadere, si profilano diversi scenari, tra cui elezioni anticipate o la nomina di un nuovo premier privo di maggioranza. La crisi attuale riflette le difficoltà del macronismo, evidenziando divisioni tra sinistra, destra estrema e centrismo.
Le reazioni delle forze politiche
La leader dell’estrema destra, Marine Le Pen, ha rinnovato la sua richiesta di scioglimento dell’Assemblea Nazionale, con l’obiettivo di conquistare una maggioranza. Da parte sua, il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente dichiarato di voler evitare un nuovo scioglimento, esortando i membri del governo a sostenere Bayrou. Tuttavia, il ministro della giustizia, Gérald Darmanin, ha riconosciuto che non si può escludere questa possibilità.
Il leader della sinistra, Jean-Luc Mélenchon, continua a chiedere le dimissioni di Macron, sostenendo che è necessario impedire la nomina di un nuovo primo ministro che porti avanti la stessa politica. Gli ultimi sondaggi indicano che un nuovo voto potrebbe portare a un’Assemblea paralizzata, incapace di approvare bilanci e riforme, un rischio che potrebbe compromettere ulteriormente la credibilità della Francia sui mercati internazionali.
Il voto di fiducia in Assemblea
Il voto di fiducia si svolgerà domani a partire dalle ore 15:00, quando François Bayrou interverrà dal podio dell’emiciclo per una dichiarazione di politica generale, incentrata sulla situazione delle finanze pubbliche. Questo rappresenta il 42° voto di fiducia della Quinta Repubblica. Ogni gruppo politico avrà l’opportunità di inviare un oratore per rispondere alle dichiarazioni del premier. Si prevede che i leader dei gruppi parlamentari, tra cui Boris Vallaud per i socialisti e Marine Le Pen per il Rassemblement National, saliranno sul podio.
Bayrou, a differenza degli altri parlamentari, non avrà limiti di tempo per il suo intervento e potrà rispondere alle critiche in aula. Questo potrebbe essere il suo ultimo discorso come primo ministro. Dopo il dibattito, i deputati si ritireranno per trenta minuti per votare, esprimendo la loro fiducia, contrarietà o astensione. Il risultato del voto non sarà noto prima delle 19:00, e la fiducia sarà decisa dalla maggioranza dei voti espressi.
Attualmente, Bayrou può contare su 210 voti teorici nell’Assemblea, contro i 353 dei gruppi di opposizione, i quali hanno già annunciato un voto prevalentemente contrario. Le astensioni tra i repubblicani potrebbero ulteriormente compromettere le possibilità del premier. Se il voto di fiducia non dovesse essere favorevole, Bayrou sarà obbligato a presentare le dimissioni al presidente della Repubblica.