Giornata per la prevenzione del suicidio: neuropsichiatri avvertono sull’autolesionismo giovanile

Veronica Robinson

Settembre 10, 2025

Il fenomeno del suicidio tra i giovani sta assumendo proporzioni allarmanti in Europa, dove rappresenta la principale causa di morte per la fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni. In Italia, si registra il secondo posto dopo gli incidenti stradali. In occasione della Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio 2025, celebrata il 10 settembre, la Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (Sinpia) ha voluto fare il punto su questa drammatica realtà. Secondo i dati forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno nel mondo più di 700.000 persone si tolgono la vita, con un tentativo ogni 20 atti conclusivi. In Europa, si contano oltre 150.000 suicidi, equivalenti a circa 400 al giorno, con 4.000 casi annui solo in Italia.

I campanelli d’allarme da non sottovalutare

Elisa Fazzi, presidente di Sinpia e docente di Neuropsichiatria infantile presso l’Università degli Studi di Brescia, ha sottolineato l’importanza di prestare attenzione a determinati segnali di allerta negli adolescenti. Tra questi, i comportamenti autolesivi, che non sempre indicano un rischio suicidario ma possono aumentare la probabilità di tali eventi, soprattutto se si manifestano in forme gravi e ripetute nel tempo. La correlazione tra questi comportamenti e i disturbi dell’umore, in particolare la depressione, è evidente, con tali condizioni psichiatriche che spesso si rivelano sottostanti a ideazioni e tentativi di suicidio.

In Europa, circa 1 adolescente su 51 è colpito da autolesionismo, che insieme all’ideazione suicidaria e ai tentativi di suicidio è tra le cause più comuni di accesso ai servizi di Neuropsichiatria infantile e adolescenziale (Npia). Un aspetto importante da considerare è la parasuicidalità, che si riferisce a comportamenti autolesivi intenzionali privi di reale volontà di morire, nei quali l’esito letale è accidentale. Le forme più diffuse di autolesionismo non suicidario includono tagli, ustioni ed escoriazioni, spesso ripetitive, che coinvolgono l’uso di oggetti affilati come coltelli o lamette. Sebbene suicidio e autolesionismo non suicidario siano fenomeni distinti, esiste una correlazione significativa, con chi adotta comportamenti autolesivi che ha una probabilità quadrupla di tentare il suicidio nel corso della vita.

L’impulsività e il suo ruolo nel comportamento suicidario

Numerosi studi hanno dimostrato che l’impulsività è un fattore cruciale nel comportamento suicidario durante l’adolescenza, con una forte correlazione tra questa caratteristica e i tentativi di suicidio. Renato Borgatti, direttore della Struttura Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Fondazione Mondino Irccs e membro del Direttivo di Sinpia, ha evidenziato come questo periodo di vita sia caratterizzato da cambiamenti neurobiologici che influiscono sul controllo degli impulsi e sulla regolazione emotiva, aumentando la vulnerabilità verso comportamenti autodistruttivi.

Un aspetto determinante di questa maggiore impulsività è lo sviluppo asincrono del cervello nell’adolescenza. Il sistema limbico, che gestisce le emozioni e la ricerca di gratificazioni immediate, matura prima delle aree corticali prefrontali, responsabili del controllo cognitivo e della regolazione degli impulsi. Questo squilibrio neurobiologico rende difficile per gli adolescenti valutare le conseguenze a lungo termine delle loro azioni, aumentando la propensione a comportamenti impulsivi e rischiosi. Inoltre, la plasticità cerebrale in questa fase di sviluppo rende i giovani particolarmente suscettibili a influenze ambientali e sociali, accentuando ulteriormente il rischio di comportamenti suicidari.

La crisi evolutiva degli adolescenti

Il rischio di comportamenti suicidari è spesso associato a diverse patologie psichiatriche, tra cui depressione, disturbi bipolari, disturbi di personalità come il borderline e il narcisistico, disturbi d’ansia generalizzata e attacchi di panico. Tuttavia, Renato Borgatti ha osservato che non è raro incontrare adolescenti che, pur non mostrando disturbi psichiatrici evidenti, attraversano crisi evolutive profonde che generano un dolore psichico insopportabile, portandoli a considerare la morte come unica soluzione. La mancanza di speranza per un futuro migliore e la perdita di fiducia nella possibilità di risolvere i problemi sono mediatori cruciali del suicidio in età adolescenziale.

I segnali precoci nella preadolescenza

Arianna Terrinoni, Dirigente Medico Neuropsichiatra Infantile presso il Policlinico Umberto I di Roma, ha osservato che negli ultimi anni si è registrata una significativa anticipazione dei comportamenti autolesivi, con manifestazioni di pensieri negativi già nella preadolescenza. È fondamentale sviluppare proposte terapeutiche che favoriscano l’attenzione verso le nuove generazioni, affrontando e costruendo capacità di tolleranza emotiva, esperienze di auto-efficacia e competenze relazionali. Promuovere un senso di appartenenza alla vita dei giovani richiede risposte autentiche da parte delle famiglie, investimenti nella scuola e politiche di supporto anche nel mondo digitale.

La necessità di interventi di prevenzione

Elisa Fazzi ha concluso sottolineando che la prevenzione è sia possibile che necessaria. È essenziale implementare interventi scientificamente supportati su più livelli, coinvolgendo l’individuo, la famiglia e la comunità, in particolare scuole e società, fino a giungere a politiche nazionali. Investire nei servizi di Neuropsichiatria per l’infanzia e l’adolescenza è fondamentale per intercettare tempestivamente situazioni di sofferenza, creando una cultura del dialogo e dell’ascolto. Ogni giovane che si sente senza alternative o pensa di essere un peso ha bisogno di essere visto e ascoltato, e rispondere a questa domanda è una responsabilità collettiva.

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