Cgia: “Le Regioni e i Comuni gestiscono metà della spesa pubblica, ma l’86% delle tasse finisce allo Stato”

Rosita Ponti

Settembre 13, 2025

“Quasi la totalità delle tasse versate dagli italiani si dirige verso le casse dello Stato centrale, mentre solo poco oltre la metà della spesa pubblica è gestita da questo ente. Ciò porta a una sperequazione tra la distribuzione delle entrate tributarie e della spesa pubblica molto preoccupante.” Questo è quanto emerso dallo studio condotto dall’Ufficio studi della CGIA, che ha esaminato le dinamiche del gettito tributario in Italia.

Il gettito tributario e la spesa pubblica nel 2023

Dall’analisi dei dati emerge che nel 2023 il gettito tributario complessivo ha raggiunto i 613,1 miliardi di euro. Di questa somma, 529,4 miliardi (pari all’86% del totale) sono stati incassati dallo Stato centrale, mentre i restanti 83,7 miliardi (14% del totale) sono stati destinati a Regioni e Enti locali. In contrasto, la spesa pubblica, escludendo le uscite previdenziali e gli interessi sul debito pubblico, ha superato i 644 miliardi. Di tale importo, 362 miliardi (56% del totale) sono stati spesi dallo Stato centrale, mentre 281 miliardi (44% del totale) sono stati utilizzati da Regioni e Enti locali.

Gli Enti pubblici locali, che si occupano di quasi la metà della spesa per i servizi ai cittadini, come sanità e trasporti pubblici, ricevono principalmente risorse dallo Stato centrale, con un contributo limitato dai contribuenti. Questo porta a una dipendenza finanziaria di Regioni e Comuni dai trasferimenti statali, spesso condizionati dall’andamento della spesa storica e dalla capacità delle amministrazioni locali di “negoziare” tali risorse con il governo centrale.

In aggiunta, la CGIA sottolinea che “negli ultimi trent’anni diverse funzioni e servizi pubblici sono stati trasferiti dal livello centrale a quello periferico, senza che vi fosse un corrispondente aumento dell’autonomia finanziaria degli enti locali.”

Entrate tributarie e oneri per i contribuenti

Analizzando le entrate tributarie attribuibili allo Stato e alle Amministrazioni centrali, emerge che l’Irpef rappresenta la voce più significativa, con un incasso di 208,4 miliardi. Segue l’Iva, che ha generato 140 miliardi, e l’Ires, con 49,7 miliardi. Per quanto riguarda le Regioni, le entrate più consistenti provengono dall’Irap, che ammonta a 28,9 miliardi, dall’addizionale regionale Irpef con 13,5 miliardi e dal bollo auto, che contribuisce con quasi 6,6 miliardi. Le Province, d’altra parte, beneficiano del gettito dell’imposta sulla Rc auto, pari a 2,1 miliardi, e del Pra, con 1,7 miliardi.

I Comuni, infine, possono contare su entrate dall’Imu, che ammontano a 18,6 miliardi, dall’addizionale comunale Irpef con 5,7 miliardi e dai contributi riscossi dalle concessioni edilizie, che raggiungono 1,7 miliardi.

Secondo l’Ufficio studi della CGIA, “lo squilibrio finanziario tra centro e periferia ha spinto almeno due Amministrazioni regionali italiane, particolarmente svantaggiate nel rapporto dare/avere con lo Stato, a richiedere maggiore autonomia. Stiamo facendo riferimento al Veneto e alla Lombardia, che nel 2017 hanno indetto un referendum consultivo su questa questione.”

Il residuo fiscale e le sue implicazioni

Il concetto di “residuo fiscale” è complesso da misurare, poiché non esiste un calcolo ufficiale e condiviso. La Banca d’Italia è l’unica istituzione in grado di determinare il residuo fiscale, una variabile cruciale per comprendere se i cittadini di una regione contribuiscono positivamente o negativamente al bilancio pubblico.

Gli ultimi dati disponibili risalgono al 2019 e mostrano che nel rapporto dare-avere tra lo Stato centrale e le regioni, tutte le aree del Nord, eccetto la Liguria e le Regioni a Statuto Speciale, presentano un valore negativo nelle tre ipotesi elaborate. Questo significa che devolvono agli altri territori e al bilancio pubblico più di quanto ricevono dallo Stato centrale.

Al contrario, le regioni del Mezzogiorno mostrano tutte un risultato positivo. Ciò implica che i flussi finanziari ricevuti dallo Stato centrale superano le risorse fiscali che versano. Ad esempio, la Campania ha registrato nel 2019 un “saldo” pro capite di +1.380 euro, la Puglia +2.440, la Sicilia +2.989 e la Calabria +3.085 euro.

Questa dinamica è considerata normale nel contesto del gettito tributario. “Da sempre registriamo forti trasferimenti dal Nord al Sud. Questo fenomeno – spiega la CGIA – non è causato da una spesa eccessiva nel Sud, ma dal fatto che i redditi nel Mezzogiorno sono più bassi, comportando quindi minori tasse e contributi versati dai residenti di questa area geografica.”

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