Garattini: nuove evidenze smentiscono legame tra paracetamolo e autismo

Rosita Ponti

Settembre 23, 2025

Nel contesto della salute materna e infantile, il dibattito sul legame tra l’assunzione di paracetamolo durante la gravidanza e il rischio di autismo nei neonati ha riacquistato vigore. Il 15 febbraio 2025, Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs, ha commentato l’argomento in un’intervista all’ANSA, facendo riferimento a uno studio significativo pubblicato nel 2024 sul Journal of the American Medical Association. Questo studio, condotto in Svezia, ha analizzato un campione di 2,5 milioni di donne in gravidanza, da cui sono stati identificati 185 mila neonati esposti al paracetamolo. I risultati hanno mostrato che non vi era alcuna correlazione tra l’assunzione di questo farmaco e l’insorgenza di autismo.

La ricerca svedese e la sua importanza

La ricerca svedese menzionata da Garattini è considerata un punto di riferimento nel campo, non essendo l’unica ad affrontare il tema. Ad agosto 2024, è stato pubblicato un altro studio aggregato, che ha unito i risultati di vari studi più piccoli. Tuttavia, Garattini ha sottolineato che questo secondo studio non possiede la stessa affidabilità di quello svedese. La robustezza dello studio scandinavo deriva dall’ampiezza del campione e dalla qualità dei dati raccolti. In Svezia, infatti, esiste un sistema di monitoraggio che registra le informazioni sui farmaci assunti a livello individuale, consentendo di tracciare con precisione le sostanze utilizzate da ogni paziente.

Questa metodologia di raccolta dati rende gli studi svedesi particolarmente validi, poiché forniscono un quadro chiaro e dettagliato dell’assunzione di farmaci durante la gravidanza. Garattini ha messo in evidenza che, sebbene lo studio non sia stato progettato specificamente per indagare questo fenomeno, esso rappresenta attualmente la migliore evidenza disponibile in materia.

La natura dello studio e le considerazioni finali

Garattini ha anche puntualizzato che la ricerca in questione è di tipo osservazionale e non una sperimentazione clinica. Questo significa che non è stata condotta in un ambiente controllato, il che limita la capacità di trarre conclusioni definitive. Tuttavia, nonostante queste limitazioni, i risultati offrono importanti spunti di riflessione per la comunità scientifica e per le future ricerche.

L’analisi dei dati svedesi, quindi, non solo contribuisce a chiarire il dibattito sull’uso del paracetamolo in gravidanza, ma incoraggia anche ulteriori studi per comprendere meglio le implicazioni di questo farmaco sulla salute dei neonati. Garattini ha concluso affermando che, sebbene ci siano ancora molte domande senza risposta, la ricerca attuale rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione dei potenziali rischi associati all’assunzione di paracetamolo durante la gravidanza.

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