Distribuzione di profilattici ai detenuti: a Pavia si accende il dibattito sulla sessualità in carcere

Rosita Ponti

Settembre 24, 2025

Il carcere di Pavia è al centro dell’attenzione mediatica per un’iniziativa innovativa: la distribuzione di profilattici ai detenuti. La direttrice Stefania Musso ha firmato un ordine di servizio che prevede l’acquisto e la consegna di 720 preservativi, giustificando la misura come un intervento di natura “terapeutica”. La gestione della distribuzione è stata affidata al personale sanitario interno, coordinato dal dirigente Davide Broglia, che ha l’obbligo di registrare ogni consegna. Questa decisione ha sollevato interrogativi non solo sulle motivazioni sanitarie, ma anche sul tema della sessualità all’interno delle carceri e sulla prevenzione dei rischi per la salute.

Dettagli sull’ordine di servizio e sulla gestione sanitaria

L’ordine di servizio firmato dalla direzione del carcere di Pavia è stato trasmesso all’area sanitaria, al comandante della Polizia penitenziaria e all’ufficio ragioneria. Il documento specifica che i 720 profilattici sono stati consegnati al dirigente sanitario, il quale dovrà coordinarsi con le dottoresse Paola Tana e Gabriella Davide per stabilire le modalità operative di distribuzione. Le due professioniste saranno responsabili della consegna ai detenuti, con l’obbligo di annotare ogni singola distribuzione. La direzione ha anche comunicato che il fabbisogno potrebbe richiedere ulteriori forniture, che saranno gestite sempre attraverso l’area sanitaria.

Significato di “motivi terapeutici”

La circolare emessa dalla direzione del carcere menziona i “motivi terapeutici” senza fornire ulteriori chiarimenti ufficiali. Tuttavia, nel contesto della sanità penitenziaria, l’uso dei preservativi è spesso associato alla prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili, come HIV, epatiti e sifilide, che risultano più diffuse tra la popolazione detenuta rispetto alla media nazionale. In ambito medico, i profilattici possono essere considerati strumenti di protezione sanitaria, simili ad altri dispositivi preventivi, specialmente quando prescritti dal personale sanitario per tutelare la salute individuale e collettiva. La vaghezza della formulazione lascia spazio a interpretazioni, alimentando un dibattito pubblico significativo.

Sessualità e rischi sanitari nel contesto carcerario

La decisione di distribuire preservativi riporta all’attenzione una questione spesso trascurata, quella della sessualità nelle carceri italiane, un tema frequentemente ignorato dalle normative ufficiali. Sebbene non esista una regolamentazione formale sui rapporti tra detenuti, la realtà quotidiana costringe il sistema penitenziario a confrontarsi con i rischi legati alle malattie sessualmente trasmissibili. Diversi studi hanno evidenziato che la prevalenza di infezioni come HIV e sifilide è più alta tra le persone detenute. In questo contesto, la distribuzione di preservativi potrebbe rappresentare una misura di prevenzione, sebbene limitata e priva di un quadro normativo chiaro.

Le condizioni del carcere di Pavia

La questione si colloca all’interno di un contesto già critico per l’istituto penitenziario di Pavia. Secondo quanto riportato dalla Camera penale locale, il carcere è afflitto da sovraffollamento, celle sovraccariche e mancanza di spazi per le attività trattamentali. L’associazione Antigone, durante un’ispezione recente, ha denunciato la presenza di cimici da letto, docce non funzionanti e scarsità di acqua calda, descrivendo una situazione igienica “oltre ogni limite”. Le criticità strutturali e organizzative pongono interrogativi sulla coerenza tra misure come la distribuzione di preservativi e la capacità di garantire condizioni sanitarie minime.

La decisione della direttrice Musso ha generato un ampio dibattito tra l’opinione pubblica e gli operatori del settore. Da un lato, viene vista come un atto di responsabilità sanitaria, mirato a ridurre il rischio di trasmissione di malattie tra i detenuti. Dall’altro, suscita preoccupazioni riguardo alla sua applicazione pratica e al messaggio che potrebbe veicolare in un ambiente già caratterizzato da carenze strutturali. Il sindacato UILPA Polizia Penitenziaria ha definito l’iniziativa come un passo che apre la discussione sull’affettività “fai da te” all’interno delle carceri, mentre altri esperti sottolineano l’urgenza di inserire la questione in un contesto più ampio di riforme riguardanti il diritto all’affettività in carcere.

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