Filippo Turetta, condannato per l’omicidio di Giulia Cecchettin, ha subito un’aggressione nel carcere di Montorio Veronese alla fine di agosto 2025. A colpirlo è stato Cesare Dromì, un detenuto di 55 anni originario di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria. Dromì, già noto per le sue condanne per omicidio, tentato omicidio e rapina, ha legami con la ‘ndrangheta. L’aggressione ha causato a Turetta una ferita al labbro, ritenuta non grave, ma che ha richiesto l’intervento immediato degli agenti di polizia penitenziaria.
Chi è Cesare Dromì, il detenuto aggressore
Cesare Dromì è un detenuto con un passato criminale particolarmente pesante. Con numerose condanne per reati gravi, il 55enne ha trascorso gran parte della sua vita dietro le sbarre. La sua origine da Taurianova, un comune noto per la sua connessione con la criminalità organizzata calabrese, ha contribuito a costruire il suo profilo di soggetto altamente pericoloso. Dromì ha affrontato diversi procedimenti giudiziari, risultando colpevole di omicidio, tentato omicidio e rapina. La sua notorietà è ulteriormente accresciuta dai legami con la ‘ndrangheta, che lo rendono uno dei detenuti più sorvegliati nelle strutture penitenziarie.
L’atteggiamento di Dromì è caratterizzato da episodi di violenza e aggressività improvvisa, come dimostra l’aggressione a Turetta. Nonostante gli anni trascorsi in carcere, Dromì non ha mostrato segni di riabilitazione, mantenendo un comportamento imprevedibile che preoccupa le autorità carcerarie. La sua storia è un esempio di come la criminalità organizzata possa influenzare la vita di un individuo, portandolo a perpetuare un ciclo di violenza e illegalità .
Il contesto dell’aggressione
L’aggressione a Filippo Turetta è avvenuta durante un momento di socialità tra detenuti. Secondo le testimonianze, Turetta era stato trasferito in un reparto di detenuti comuni quando Cesare Dromì lo ha colpito con un pugno al volto. Il colpo ha provocato un piccolo taglio al labbro, una ferita superficiale che, sebbene non grave, ha richiesto assistenza medica immediata. Le fonti indicano che Dromì potrebbe aver agito in seguito a un sospetto personale, convinto che Turetta lo stesse osservando in modo insistente.
Questo episodio mette in luce le tensioni che possono sorgere all’interno delle carceri, dove la convivenza tra detenuti con storie criminali diverse può generare conflitti. La situazione di Turetta, già segnata da un crimine di alto profilo, non ha fatto altro che attirare ulteriormente l’attenzione su di lui, rendendolo un bersaglio potenziale per aggressioni.
Le conseguenze per Dromì e il trasferimento a Treviso
Dopo l’aggressione, Cesare Dromì è stato messo in isolamento per un periodo di 15 giorni. Fonti interne al carcere riportano che in seguito il detenuto è stato trasferito in una cella singola, ma ha manifestato il suo malcontento rifiutando cibo, acqua e farmaci. La situazione è stata monitorata attentamente, e le autorità hanno deciso di intervenire per garantire la sicurezza all’interno del penitenziario.
Il 24 settembre 2025, Dromì è stato spostato nel carcere di Santa Bona a Treviso. Questa decisione è stata presa per motivi di sicurezza, al fine di prevenire ulteriori episodi di violenza all’interno del carcere di Montorio Veronese. Le autorità carcerarie hanno valutato l’aggressione come un evento grave, nonostante le conseguenze fisiche per Turetta siano state limitate. La scelta di trasferire Dromì è stata una misura preventiva necessaria per mantenere l’ordine e la sicurezza nel sistema penitenziario.