Venti anni dopo la morte di Federico Aldrovandi, il ricordo di un’ingiustizia

Veronica Robinson

Settembre 25, 2025

Sono trascorsi vent’anni da quel tragico evento che ha segnato profondamente la città di Ferrara. Federico Aldrovandi, un ragazzo di appena 18 anni, fu trovato senza vita all’alba del 25 settembre 2005 in via Ippodromo, con i polsi ammanettati dietro la schiena. La scena era agghiacciante: il suo corpo, con evidenti segni di violenza, giaceva sull’asfalto mentre i soccorritori tentavano di rianimarlo, ma era già troppo tardi. La famiglia, ignara di quanto accaduto, attese notizie che non avrebbero mai voluto ricevere. Inizialmente, la versione ufficiale parlò di un malore provocato da alcol e droghe, ma la verità si rivelò ben diversa, grazie alla tenacia della famiglia di Federico e a una lunga battaglia legale. Nel 2009, quattro agenti di polizia furono condannati a tre anni e sei mesi per omicidio colposo, riconoscendo l’eccesso colposo nell’uso della forza.

Il processo e le sentenze

Le motivazioni del giudice Francesco Maria Caruso, che emise la sentenza, evidenziarono la gravità della situazione. La sproporzione tra la condotta del giovane e quella degli agenti fu un elemento centrale nel giudizio. Nonostante Federico potesse apparire agitato, l’atteggiamento degli agenti, la loro mancanza di autocontrollo e il loro uso eccessivo della forza furono considerati determinanti. Le sentenze della Corte d’Appello e della Cassazione confermarono la condanna, ma nel luglio 2012, il capo della polizia Antonio Manganelli si scusò pubblicamente, anche se l’indulto ridusse la pena a sei mesi. Nel 2014, gli agenti tornarono in servizio, ma con compiti amministrativi.

La ricostruzione della notte fatale

La morte di Federico Aldrovandi continua a rappresentare una ferita aperta per molti. Il giovane, che frequentava l’Itis Elettronica, era un appassionato di calcio, suonava il clarinetto e praticava karate. La sera del 24 settembre 2005, si trovava a Bologna per un concerto reggae. Al suo ritorno, decise di fare una passeggiata vicino a casa. Tra le 5 e le 5:23 del mattino, tentò di contattare alcuni amici, ma senza successo. Alle 5:48, una residente allertò i carabinieri segnalando una persona che urlava. Tuttavia, la versione iniziale del centralinista, che parlava di un giovane che sbatteva la testa contro i pali, fu poi smentita.

Quando la polizia arrivò sul posto, Federico era già sdraiato a terra, immobile e con i polsi ammanettati. I paramedici non poterono fare altro che constatarne il decesso. L’allora ministro Carlo Giovanardi, in un intervento in Parlamento, descrisse Federico come un “eroinomane”, affermazione che suscitò indignazione e portò la famiglia a denunciarlo. Le perizie iniziali rivelarono 54 lesioni sul corpo di Federico e la causa della morte fu accertata come un arresto cardiaco dovuto a compressione toracica e violenze subite. La svolta nella vicenda arrivò grazie al blog di denuncia creato dalla madre, Patrizia Moretti, e alla diffusione della foto di Federico, che mostrava i segni dei manganelli sul volto.

Il ricordo di Federico e le iniziative in sua memoria

A distanza di vent’anni, la memoria di Federico Aldrovandi è ancora viva. I tifosi della Spal, insieme ad altri, sventolano una bandiera con il suo volto durante le partite e le manifestazioni studentesche. Il grido “Aldro vive” è diventato un simbolo di giustizia contro gli abusi di potere. Gli amici di Federico organizzano eventi commemorativi nel giorno del suo compleanno e tornei in sua memoria. A Milano, è stato dedicato un giardino pubblico con una targa che riporta il suo nome, mentre la sua storia è stata raccontata nel documentario “È stato morto un ragazzo” di Filippo Vendemmiati.

Per il ventesimo anniversario della sua morte, Ferrara ha programmato una serie di iniziative aperte al pubblico, tra cui un incontro e la proiezione di un docufilm, oltre all’intitolazione del giardino dell’Ippodromo alla memoria di Federico. Il padre, Lino Aldrovandi, ha espresso il suo dolore e la sua lotta per la giustizia, sottolineando che la battaglia legale per la verità è stata lunga e difficile.

Le parole della madre di Federico

Patrizia Moretti, madre di Federico, ha condiviso la sua esperienza durante un incontro a Ferrara, organizzato per commemorare i vent’anni dall’omicidio. Ha sottolineato l’importanza del supporto ricevuto dalla stampa e da chi ha lottato per la giustizia. Tuttavia, ha anche espresso preoccupazione per la situazione attuale, affermando che le leggi sono diventate più restrittive e che non si vedono progressi significativi per prevenire tragedie simili. Il padre di Federico ha ricordato il dolore di quel giorno, ribadendo l’importanza di chi ha fatto il proprio dovere e ha cercato giustizia per il loro ragazzo.

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