Gemelli digitali dei pazienti: accelerare lo sviluppo di nuovi farmaci

Rosita Ponti

Settembre 28, 2025

Reclutare pazienti rappresenta spesso una delle sfide più complesse nell’ambito delle sperimentazioni cliniche per farmaci innovativi. Questo è particolarmente vero quando si tratta di malattie rare o forme tumorali poco comuni, dove la disponibilità di soggetti da arruolare può risultare limitata e i tempi di attesa si allungano. Una nuova strategia potrebbe essere la risposta a queste difficoltà: l’uso dell’Intelligenza Artificiale generativa per creare gemelli digitali dei pazienti reali. Questa innovativa metodologia promette di ridurre fino al 50% il numero di pazienti necessari per i trial clinici, mantenendo al contempo la sicurezza dei risultati rispetto alle tecniche tradizionali. L’obiettivo principale è accelerare i processi di sperimentazione clinica, permettendo così ai farmaci innovativi di arrivare più rapidamente ai pazienti.

Il nuovo approccio descritto nel New England Journal of Medicine

Il metodo innovativo è stato presentato in un editoriale pubblicato nel gennaio 2025 sul New England Journal of Medicine. A idearlo è stato Piersilvio De Bartolomeis, un giovane ricercatore di 26 anni originario di Battipaglia, Salerno. De Bartolomeis ha collaborato con due esperti della Harvard University, il professor Issa Dahabreh, specializzato in Epidemiologia presso la Harvard School of Public Health, e Robert Yeh della Harvard Medical School. Laureato in Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano, De Bartolomeis sta attualmente completando un dottorato in Machine Learning al Politecnico di Zurigo, dopo aver trascorso sei mesi a Harvard grazie alla Ermenegildo Zegna Founder’s Scholarship.

Nel suo intervento, De Bartolomeis ha spiegato come l’Intelligenza Artificiale offra opportunità significative nel campo delle sperimentazioni cliniche. Ha messo in evidenza che l’editoriale discute l’uso di metodi di AI generativa per simulare e accelerare le fasi cliniche delle sperimentazioni sui pazienti. Attraverso due studi condotti dal team di Harvard e uno da Microsoft, il ricercatore ha illustrato come l’AI possa ridurre il numero di soggetti necessari per i trial, passando da 100 a 70, e consentendo così di completare le sperimentazioni in tempi più brevi.

Il ruolo cruciale dell’AI nel reclutamento dei pazienti

De Bartolomeis ha sottolineato che il reclutamento dei pazienti rappresenta una delle parti più difficili delle sperimentazioni cliniche, specialmente per patologie rare, dove i tempi di reclutamento possono estendersi per anni. L’uso dell’AI permette di simulare alcuni pazienti, creando una combinazione di soggetti reali e digitali, che funge da gemello digitale. Questo approccio consente di mantenere le stesse caratteristiche dei pazienti reali, riducendo il numero necessario per la sperimentazione e accelerando così i tempi di sviluppo.

I modelli di AI utilizzati sono progettati per garantire la sicurezza, seguendo le rigorose linee guida stabilite dalla FDA e dall’EMA. La ricaduta pratica di questa innovazione è che i farmaci possono arrivare sul mercato in tempi più rapidi, aumentando la disponibilità per i pazienti. A differenza di studi precedenti che si basavano esclusivamente su gemelli digitali, il nuovo metodo di De Bartolomeis integra dati reali e digitali in modo equilibrato, garantendo la sicurezza e l’affidabilità comparabile ai metodi tradizionali.

Prospettive future e sfide nel campo della ricerca

Attualmente, il team di De Bartolomeis ha avviato una collaborazione con una Pharma Company per testare questi metodi in un contesto clinico. Guardando al futuro, il ricercatore ha espresso l’intenzione di avviare una start-up con l’obiettivo di accelerare ulteriormente lo sviluppo di farmaci. Tuttavia, ha anche messo in guardia riguardo alla necessità di un’applicazione cauta dell’AI nel settore medico-farmaceutico, poiché la simulazione non può sostituire completamente gli studi clinici su pazienti umani e la supervisione medica.

De Bartolomeis ha descritto la sua esperienza di ricerca come “appassionante”, ma ha anche evidenziato le difficoltà di fare ricerca innovativa in Italia. Ha osservato che negli Stati Uniti la struttura e l’organizzazione della ricerca sono più avanzate, con una maggiore disponibilità di finanziamenti e un sistema di reclutamento più meritocratico. Inoltre, ha espresso preoccupazione per la difficoltà dell’Italia di attrarre talenti nel campo della ricerca, sottolineando che paesi come gli Stati Uniti e la Svizzera investono nella costruzione di un ambiente favorevole al progresso scientifico.

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