Ada, una donna di 44 anni originaria della Campania, ha deciso di svelare la propria identità dopo aver utilizzato il nome di battaglia ‘Coletta’ per condividere la sua storia. In un video pubblicato recentemente, ha descritto la sua difficile condizione, mettendo in evidenza la lotta contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), diagnosticata nel 2024.
Il racconto di una sorella
Nel video, la sorella Celeste legge le parole di Ada, che ha perso la capacità di parlare a causa della progressione della malattia. Ada racconta: “In meno di 8 mesi la malattia mi ha consumata. Con una violenza fulminea mi ha tolto le mani, le gambe, la parola. La vita è una cosa meravigliosa finché la si può vivere e io l’ho fatto. Ho vissuto con ardore gioie e dolori, e ho sempre combattuto per quello in cui credo, come la libertà di scelta.” Ada ha quindi deciso di richiedere alla propria ASL di poter esercitare il diritto a una vita dignitosa e a una morte serena, circondata dalla sua famiglia, nel momento in cui la sua condizione dovesse diventare insopportabile. “E ho intenzione di combattere per questo diritto finché ne avrò le forze. Ma quanto è crudele dover sprecare le ultime forze per una guerra?”, si chiede.
Azione legale avviata
Dopo che la propria azienda sanitaria ha respinto la richiesta di suicidio assistito, Ada ha avviato un’azione legale. Grazie all’assistenza dell’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ha presentato un ricorso d’urgenza al tribunale di Napoli. Durante l’udienza, è stata concordata una nuova valutazione delle condizioni di Ada, che ora attende i risultati delle visite effettuate.
Requisiti per la morte volontaria assistita
Il diniego iniziale dell’ASL si basava sulla mancanza di tre dei quattro requisiti stabiliti dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, nota come sentenza “Cappato-Antoniani”, per accedere alla morte volontaria assistita. L’unico requisito riconosciuto era la patologia irreversibile di cui soffre Ada. Secondo l’azienda sanitaria, mancavano la volontà di procedere con la morte volontaria assistita, la dipendenza da un trattamento di sostegno vitale e la presenza di sofferenze intollerabili.
Diritto all’autodeterminazione
Filomena Gallo ha enfatizzato la complessità della situazione di Ada, affermando che la legge e la Corte Costituzionale tutelano il diritto all’autodeterminazione dei cittadini, in relazione alle scelte riguardanti la vita e la morte. Ha inoltre evidenziato la responsabilità delle istituzioni e delle autorità sanitarie nel garantire il rispetto di questo diritto, senza indugi. Gallo ha aggiunto che si attende la relazione e il parere dell’azienda sanitaria per consentire ad Ada di decidere della propria vita in modo conforme alla sua volontà.
Situazione attuale in Italia
Nel 2025, in Italia, sono 16 le persone che hanno ricevuto l’approvazione per accedere al suicidio assistito. Di queste, 11 hanno effettivamente ottenuto l’accesso, con 7 assistite dal team legale dell’Associazione Luca Coscioni e 4 che hanno avuto notizia tramite media e accesso agli atti (tre in Toscana e una in Emilia Romagna). Le restanti 5 hanno scelto di non procedere o non hanno potuto farlo.
Normativa sul suicidio assistito
In assenza di una legge nazionale che regoli l’aiuto alla morte volontaria, l’accesso al suicidio assistito in Italia è disciplinato dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale, che ha legalizzato la procedura solo a determinate condizioni di salute. La Consulta ha stabilito che la persona malata che desidera accedere all’aiuto alla morte volontaria deve soddisfare requisiti specifici: deve essere in grado di autodeterminarsi, affetta da una patologia irreversibile, e tale patologia deve causare sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili.
Verifica dei requisiti
I requisiti e le modalità di accesso devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale, in conformità con le leggi vigenti riguardanti il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento. L’azienda sanitaria è inoltre tenuta a garantire che le modalità di esecuzione siano tali da prevenire abusi e garantire la dignità del paziente, evitando sofferenze.
Ampliamento del concetto di trattamento
Recentemente, la Corte Costituzionale ha ampliato il concetto di trattamento di sostegno vitale, includendo procedure normalmente eseguite da familiari o caregivers. Ha anche stabilito che il requisito del “trattamento di sostegno vitale” può essere considerato soddisfatto anche nel caso in cui non venga eseguito, se legittimamente rifiutato dalla persona malata.