Divorzio complicato a Messina: matrimonio in Chiesa non registrato, Cassazione rigetta il ricorso della sposa

Rosita Ponti

Ottobre 6, 2025

Un matrimonio celebrato in chiesa, un abito bianco scintillante, il momento emozionante dello scambio degli anelli. Tuttavia, per lo Stato, quel legame “non è mai esistito”. Questa è la vicenda di Loredana e Giuseppe, uniti in matrimonio nel 2009 presso il Santuario della Madonna di Montalto, situato a Messina. La cerimonia religiosa, purtroppo, non è stata mai registrata presso il Comune, lasciando la coppia in una situazione giuridica complessa.

Il problema della trascrizione assente

La questione centrale scaturisce da un errore amministrativo: il parroco non ha inviato l’atto matrimoniale all’ufficio del Comune. Questo ha comportato che il matrimonio risulti valido solo sul piano religioso, mentre per la legge civile non esiste. Quando, pochi mesi dopo il matrimonio, la coppia decide di separarsi, si rende conto che non possono farlo legalmente, poiché, agli occhi dello Stato, non sono mai stati uniti in matrimonio.

La battaglia legale di Loredana

Per cercare di ottenere lo “status matrimoniale” necessario alla separazione civile, Loredana ha tentato di procedere con una trascrizione tardiva, ma Giuseppe ha opposto il suo rifiuto fin dal 2010. Loredana, che aveva contratto debiti per oltre 66mila euro per la cerimonia e per arredare la casa, ha deciso di chiedere danni patrimoniali e morali, avviando un’azione legale contro l’ex marito, il parroco e la Curia. Nel 2019, il Tribunale di Messina ha respinto la sua richiesta, affermando che il rifiuto di Giuseppe non costituisce un illecito. La Corte d’Appello ha confermato questa decisione nel 2023, stabilendo che non si può imporre un obbligo di consenso e che non è dimostrato un danno concreto subito da Loredana.

La decisione finale della Cassazione

Il 2 settembre 2025, la Cassazione ha emesso l’ordinanza n. 24409/2025, dichiarando inammissibile il ricorso presentato da Loredana. Il principio stabilito è inequivocabile: sebbene la legge 121/1985 consenta la trascrizione successiva di un matrimonio religioso, è necessario il consenso di entrambe le parti coinvolte. Il rifiuto del marito non è considerato un “atto contrario al diritto” (contra ius) e non viola alcun diritto protetto dalla legge. I giudici hanno chiarito che un matrimonio religioso può produrre effetti civili solo se, entro cinque giorni dalla celebrazione, il parroco presenta una richiesta scritta al Comune. Se questa procedura non viene rispettata, si crea una “cesura” tra l’atto religioso e la volontà di conferirgli valore civile, che non può più essere dedotta implicitamente nel tempo.

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