Ipofosfatemia legata all’X: prime analisi e prospettive per le linee guida sanitarie

Veronica Robinson

Ottobre 6, 2025

Kyowa Kirin ha recentemente messo in risalto l’importanza della presa in carico strutturata per i pazienti con ipofosfatemia legata all’X (Xlh), una rara patologia genetica. Questa dichiarazione è stata fatta durante l’Exchange Academy, un evento scientifico che si è svolto a giugno 2025, dove esperti del settore hanno discusso le sfide legate alla gestione di questa condizione. Le recenti linee guida europee pubblicate su “Nature Reviews Endocrinology” hanno introdotto cambiamenti significativi nella diagnosi e nel trattamento dell’Xlh.

Le nuove linee guida e il loro impatto

Le nuove linee guida europee rappresentano un progresso cruciale nella gestione dell’Xlh, riconoscendo questa malattia come una condizione cronica e progressiva che richiede un monitoraggio costante nel corso della vita del paziente. È fondamentale prestare attenzione ai momenti critici, come la transizione dall’infanzia all’età adulta, poiché una pausa nel trattamento potrebbe compromettere i risultati ottenuti. Kyowa Kirin ha evidenziato, in un comunicato ufficiale, la necessità di sviluppare protocolli strutturati e adottare un approccio multidisciplinare per garantire un’assistenza continua e centrata sulle esigenze del paziente.

L’ipofosfatemia legata all’X deriva da mutazioni nel gene Phex, causando gravi problemi alla crescita scheletrica e alla qualità della vita. La dottoressa Anna Grandone, professore associato di Pediatria presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha sottolineato l’impatto sistemico della malattia, che non colpisce solo lo scheletro, ma anche muscoli, denti e articolazioni. Le nuove linee guida enfatizzano l’importanza di un trattamento specifico fin dalla diagnosi pediatrica e di un approccio integrato per la gestione della transizione verso l’età adulta.

Incidenza e manifestazioni dell’Xlh in Italia

In Italia, si stima che l’Xlh colpisca circa 1 individuo ogni 20.000. I sintomi variano in base all’età: nei bambini, possono manifestarsi rachitismo, deformità delle gambe e crescita rallentata, mentre negli adulti la malattia può progredire in osteomalacia progressiva, caratterizzata da dolore osseo e deformità. Gli esperti concordano sull’importanza di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) ben definito per garantire un approccio multidisciplinare efficace.

Alcune Regioni italiane, come Campania e Toscana, hanno già implementato Pdta specifici, mentre altre, come Lombardia ed Emilia Romagna, stanno aggiornando i loro protocolli per garantire una gestione uniforme e coordinata su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è facilitare l’accesso alle cure e assicurare che i pazienti non debbano affrontare un percorso frammentato.

Rete di specialisti e continuità assistenziale

La dottoressa Grandone ha evidenziato la necessità di creare intorno al paziente una rete di specialisti dedicati, evitando che i pazienti debbano spostarsi tra diversi ospedali. È essenziale formare un team multidisciplinare che includa pediatri, endocrinologi, nefrologi, ortopedici, fisiatri, odontoiatri, neurochirurghi, reumatologi e psicologi. Solo attraverso questa collaborazione si può garantire un trattamento personalizzato e una continuità nella presa in carico, specialmente durante la transizione all’età adulta.

L’Associazione Italiana dei Pazienti con Disordini Rari del Metabolismo del Fosfato (Aifosf) ha sottolineato l’importanza di tradurre l’innovazione in percorsi concreti e accessibili per tutti. La presidente Nicoletta Schio ha dichiarato che molte famiglie affrontano diagnosi tardive e burocrazia complessa. È fondamentale che i Pdta siano uniformi e che ogni paziente possa ricevere un percorso di cura continuo, indipendentemente dalla propria residenza. La dottoressa Grandone ha concluso enfatizzando l’importanza di raccogliere dati e misurare l’impatto sulla qualità della vita, affinché le innovazioni si traducano in realtà tangibili per i pazienti.

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