I dati presentati nel rapporto dell’Organizzazione Gimbe sul Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) evidenziano una situazione preoccupante in Italia nel 2025. Solo 13 Regioni riescono a rispettare i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), che includono prestazioni e servizi garantiti gratuitamente o con un ticket per tutti i cittadini. Al sud, si segnalano come eccezioni positive la Puglia, la Campania e la Sardegna. La mobilità sanitaria, un indicatore chiave della situazione, ha raggiunto nel 2022 un valore di oltre 5 miliardi di euro. Le Regioni come Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, infatti, raccolgono il 94,1% del saldo attivo, mentre il 78,8% del saldo passivo è concentrato in cinque Regioni meridionali: Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, oltre al Lazio, tutte con un saldo negativo superiore ai 100 milioni di euro.
Frattura tra nord e sud e aspettativa di vita
Questa “frattura strutturale” tra Nord e Sud ha conseguenze dirette sull’aspettativa di vita. Secondo le stime dell’ISTAT per il 2024, l’aspettativa media nazionale è di 83,4 anni, ma le Regioni del Mezzogiorno presentano valori pari o inferiori a questa media. Per esempio, la Provincia autonoma di Trento segna un’aspettativa di 84,7 anni, mentre la Campania si ferma a 81,7 anni, con un divario di 3 anni. Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, sottolinea che questa situazione è un chiaro indicativo della bassa qualità dei servizi sanitari nel Mezzogiorno. I cittadini, costretti a cercare cure altrove, si trovano a dover affrontare anche imposte regionali più elevate, il che evidenzia il fallimento dei Piani di rientro e dei Commissariamenti per la riorganizzazione sanitaria in queste aree.
Carenza di personale sanitario in Italia
Un’altra problematica critica che affligge il sistema sanitario italiano è la significativa carenza di infermieri. Attualmente, il Paese conta solo 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, ben al di sotto della media dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), che è di 9,5. La medicina generale, in particolare, è in grave difficoltà, con oltre 5.500 posizioni di medici non coperte. Cartabellotta evidenzia l’incomprensibilità della decisione di formare un numero crescente di medici senza affrontare prima il problema della loro fuga dal servizio sanitario pubblico.
La riforma dell’assistenza territoriale, che dovrebbe migliorare la situazione, sta mostrando ritardi e disomogeneità. Al 30 giugno 2025, solo il 2,7% delle Case della Comunità attive è dotato di personale medico e infermieristico, mentre gli Ospedali di Comunità attivi rappresentano il 26%. Oltre alla necessità di completare le strutture, rimane irrisolto il problema della carenza di infermieri e delle incertezze riguardo alla disponibilità dei medici di famiglia a lavorare in queste nuove strutture. La situazione richiede interventi urgenti e coordinati per garantire un’assistenza sanitaria adeguata e accessibile a tutti i cittadini.