Lupus: chiarito il meccanismo che incrementa il rischio di trombosi

Rosita Ponti

Ottobre 13, 2025

Uno studio recente pubblicato su Arthritis & Rheumatology ha fornito nuove evidenze cliniche, tissutali e di laboratorio sul motivo per cui il rischio di eventi cardiovascolari nel lupus eritematoso sistemico (LES) risulta elevato. Questa ricerca è stata condotta da Giacomo Emmi, immunologo e docente di Medicina interna presso l’Università di Trieste, in collaborazione con i gruppi di ricerca di Matteo Becatti, Claudia Fiorillo e Domenico Prisco dell’Università di Firenze.

Il lupus eritematoso sistemico e la sua incidenza in Italia

Il lupus eritematoso sistemico è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e tessuti, interessando in Italia oltre 60.000 persone, in prevalenza donne in età fertile. Le persone affette da LES presentano un rischio di trombosi arteriosa e venosa che può variare da 2 a 10 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Questo aumento del rischio è attribuibile all’infiammazione cronica associata alla malattia. Al centro di questa problematica si trova lo stress ossidativo, uno squilibrio tra le sostanze ossidanti prodotte dalle cellule e le difese antiossidanti dell’organismo, che dovrebbero neutralizzarle. Nei pazienti con LES, i neutrofili, un tipo di cellule di difesa, risultano particolarmente attivi, contribuendo a questo squilibrio.

Meccanismi di coagulazione alterati nel LES

In un ambiente caratterizzato da un elevato stress ossidativo, il comportamento del fibrinogeno, una proteina fondamentale nella formazione dei coaguli, subisce modifiche significative. Le fibre di fibrinogeno tendono a diventare più fitte e meno permeabili, rendendo i coaguli più difficili da sciogliere. Questo meccanismo rappresenta un collegamento cruciale tra l’infiammazione e il rischio trombotico nei pazienti affetti da LES.

Lo studio ha coinvolto un campione di 144 pazienti adulti con lupus eritematoso sistemico e 90 soggetti sani utilizzati come gruppo di controllo. Le analisi ematiche hanno evidenziato un livello di stress ossidativo significativamente più elevato nei pazienti affetti, correlato all’attività della malattia. Si è osservato un chiaro andamento: un aumento dell’infiammazione porta a un incremento dello stress ossidativo, che a sua volta causa alterazioni nel fibrinogeno e, infine, la formazione di coaguli più resistenti alla dissoluzione.

Implicazioni cliniche e prospettive future

I risultati di questo studio offrono una visione più approfondita del legame tra le malattie autoimmuni e le complicanze cardiovascolari. Giacomo Emmi, professore al Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute dell’Università di Trieste, nonché Direttore dell’UCO Medicina Clinica e Coordinatore Scientifico dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, ha sottolineato l’importanza di queste scoperte per migliorare la comprensione e la gestione del lupus eritematoso sistemico e delle sue complicazioni associate.

Le implicazioni di queste scoperte potrebbero aprire la strada a nuove strategie terapeutiche per affrontare il rischio cardiovascolare nei pazienti con LES, contribuendo a migliorare la qualità della vita e la prognosi di questi individui.

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