Cancro all’ovaio: promettenti sviluppi con l’unione di immunoterapia e chemioterapia

Rosita Ponti

Ottobre 20, 2025

Un recente studio presentato al congresso annuale della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) ha evidenziato progressi significativi nel trattamento delle pazienti affette da recidiva di carcinoma ovarico platino-resistente. L’evento si è svolto a Berlino il 20 ottobre 2025. Questo tipo di tumore, noto per la sua elevata mortalità, continua a costituire una delle neoplasie ginecologiche più gravi, con circa 5.400 nuovi casi e 3.600 decessi registrati in Italia nel 2022. Le proiezioni indicano un aumento del 42% dei nuovi casi a livello globale entro il 2040.

Dettagli dello studio keynote-b96

Durante il Simposio Presidenziale, i ricercatori hanno presentato i risultati dello studio di fase 3, denominato Keynote-B96, noto anche come Engot-ov65. Tale ricerca ha analizzato l’efficacia di pembrolizumab, un trattamento anti-PD1 sviluppato da MSD, in combinazione con chemioterapia, che include paclitaxel, con o senza bevacizumab. Alla prima analisi ad interim, effettuata dopo un follow-up mediano di 15,6 mesi, è emerso che il regime di trattamento con pembrolizumab ha portato a un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS), riducendo il rischio di progressione della malattia o di morte del 30% rispetto al gruppo di controllo che riceveva placebo.

Il tasso di PFS a 12 mesi per le pazienti trattate con il regime a base di pembrolizumab ha raggiunto il 33,1%, in contrapposizione al 21,3% registrato nel gruppo placebo. Nelle pazienti il cui tumore esprime PD-L1, il trattamento ha mostrato un’ulteriore riduzione del rischio di progressione della malattia del 28%, con un tasso di PFS a 12 mesi del 35,2% rispetto al 22,6% del gruppo placebo.

Implicazioni cliniche e osservazioni degli esperti

Nicoletta Colombo, direttrice del Gynecologic Oncology Program dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, ha sottolineato l’importanza di questi risultati, evidenziando che le opzioni terapeutiche per le pazienti con carcinoma ovarico ricorrente resistente al platino sono attualmente limitate. Colombo ha dichiarato che i dati ottenuti rappresentano un passo avanti significativo nel trattamento di questa patologia e che l’integrazione di pembrolizumab alla chemioterapia potrebbe diventare una nuova opzione terapeutica efficace.

Alla seconda analisi ad interim, con un follow-up mediano di 26,6 mesi, il regime di pembrolizumab ha mostrato un miglioramento della sopravvivenza globale, riducendo il rischio di morte del 24% rispetto al gruppo placebo. I tassi di sopravvivenza globale a 12 mesi per le pazienti trattate con pembrolizumab sono stati del 69,1%, rispetto al 59,3% del gruppo placebo. A 18 mesi, i tassi di sopravvivenza sono stati rispettivamente del 51,5% e 38,9%.

Gursel Aktan, vice presidente dello sviluppo clinico globale di Merck Research Laboratories, ha affermato che questi risultati supportano l’uso di pembrolizumab nei tumori ginecologici e potrebbero cambiare il paradigma terapeutico per le pazienti affette da carcinoma ovarico ricorrente resistente al platino.

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