Tumore ovarico: una nuova molecola riduce del 30% il rischio di aggravamento o morte

Veronica Robinson

Ottobre 20, 2025

Una significativa riduzione del 30% nel rischio di progressione della malattia o di morte è stata osservata nelle pazienti affette da recidiva di carcinoma ovarico platino-resistente. Questo risultato è emerso dallo studio registrativo di Fase 3 Keynote-B96, presentato durante il Presidential Symposium del Congresso 2025 della European Society for Medical Oncology (ESMO). La ricerca ha esaminato l’efficacia della molecola anti-PD1 pembrolizumab in combinazione con chemioterapia, in particolare paclitaxel, con o senza l’aggiunta di bevacizumab.

Risultati del trattamento con pembrolizumab

Dopo un anno di trattamento, il tasso di sopravvivenza libera da progressione per le pazienti sottoposte al regime con pembrolizumab ha raggiunto il 33,1%, in confronto al 21,3% delle pazienti trattate con un regime a base di placebo. Nelle pazienti il cui tumore esprime PD-L1, la combinazione di pembrolizumab e chemioterapia ha portato a una riduzione del rischio di progressione della malattia o di morte del 28% rispetto al gruppo di controllo. Il tasso di sopravvivenza libera da progressione a 12 mesi per questo gruppo è stato del 35,2%, rispetto al 22,6% per il gruppo placebo.

Miglioramento della sopravvivenza globale

Alla seconda analisi ad interim, con un follow-up mediano di 26,6 mesi, il regime a base di pembrolizumab ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza globale nelle pazienti con tumore esprimente PD-L1, riducendo il rischio di morte del 24% rispetto al trattamento con placebo. Il tasso di sopravvivenza globale a 12 mesi per le pazienti trattate con pembrolizumab ha raggiunto il 69,1%, in confronto al 59,3% del gruppo placebo. I dati relativi ai tassi di sopravvivenza globale a 18 mesi mostrano valori del 51,5% per il gruppo trattato con pembrolizumab e del 38,9% per il gruppo placebo.

Commento sull’importanza dei risultati

Nicoletta Colombo, direttrice del Gynecologic Oncology Program presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, ha commentato l’importanza di questi risultati, sottolineando che attualmente ci sono pochi trattamenti disponibili per le pazienti con carcinoma ovarico ricorrente resistente al platino in grado di ridurre il rischio di progressione o di morte. Ha evidenziato come i risultati dello studio possano rappresentare un significativo passo avanti nel trattamento di questa patologia e che l’integrazione di pembrolizumab alla chemioterapia, con o senza bevacizumab, potrebbe offrire una nuova e valida opzione terapeutica per queste pazienti.

×