Vicenza: inizia il processo ai genitori di un ragazzo di 14 anni deceduto per tumore

Veronica Robinson

Ottobre 21, 2025

A Vicenza, il 15 gennaio 2025, si è svolto il processo a carico di Luigi Gianello e Martina Binotti, accusati di omicidio con dolo eventuale. I due, genitori di Francesco Gianello, deceduto nel 2024 all’età di 14 anni a causa di un tumore, sono sotto accusa per aver ritardato diagnosi e terapie. Secondo quanto sostenuto dal pubblico ministero Paolo Fietta, la coppia si è affidata per un lungo periodo a un medico che seguiva il controverso metodo di Hamer. Questo approccio, come riportato su Airc.it, non ha mai ricevuto una validazione scientifica e sostiene che il tumore derivi da conflitti psichici, rifiutando l’uso di farmaci e causando ritardi nell’inizio delle cure, trasformando così patologie curabili in forme incurabili. I genitori di Francesco hanno deciso di parlare pubblicamente per difendersi dalle accuse di essere stati definiti genitori mostruosi e per avvertire altri genitori a non seguire la stessa strada, affidandosi a chi promuove il metodo Hamer.

La diagnosi di Francesco

La storia di Francesco Gianello inizia nel dicembre 2022, quando il giovane avverte forti dolori alla gamba. Dopo una risonanza magnetica e una visita all’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, gli viene diagnosticato un tumore. La famiglia vive un momento di grande angoscia, come descritto dalla madre: “È come ricevere uno schiaffo, non sai se riuscirai a restare in piedi”. Nonostante le indicazioni dei medici per effettuare ulteriori accertamenti, tra cui biopsia e PET, i genitori decidono di disdire le procedure. “Il dottor Matteo Penzo ci ha detto che la biopsia poteva espandere la malattia e ci ha convinti a non farla”, racconta il padre. Così, contro il parere dei medici, Francesco viene dimesso dall’ospedale.

La scelta di un approccio alternativo

Dopo la diagnosi, i genitori di Francesco si rivolgono al dottor Penzo, un sostenitore delle teorie di Hamer. “Sosteneva che la malattia avesse un significato biologico e che fosse necessario identificare il conflitto alla base”, spiega il padre. Il genitore ricorda come, per l’osteosarcoma al femore, Penzo indagasse sulla vita del ragazzo, suggerendo che situazioni come il suo allontanamento dalla squadra di calcio o conflitti con un insegnante potessero essere determinanti. “Penzo mi attribuiva anche la colpa”, continua il padre, rivelando che si era affidato al medico per la speranza di una soluzione. Secondo Hamer, la malattia è vista come un sintomo di un processo di guarigione in corso.

Le conseguenze della terapia alternativa

Il dottor Penzo si oppone anche alla chemioterapia, affermando che non fosse necessaria e suggerendo rimedi come argilla e anti-infiammatori. Dopo una nuova risonanza magnetica, il medico afferma che l’osso di Francesco si stava ricostruendo. Inoltre, consiglia alla famiglia di rivolgersi a Pierre Pellizzari e Imma Quaranta, che promuovono percorsi di auto-guarigione in Toscana. La madre di Francesco racconta che questi percorsi comprendevano attività all’aperto, alimentazione sana e massaggi. Tuttavia, la salute del ragazzo continua a deteriorarsi.

Il ricovero e la terapia convenzionale

La situazione di Francesco precipita, costringendo la famiglia a recarsi al pronto soccorso di Perugia. Qui, il giovane inizia finalmente la chemioterapia e la radioterapia. Il padre si difende, affermando: “Non abbiamo mai voluto fare del male a nostro figlio“. La famiglia ha vissuto un dolore inimmaginabile, con il fratello Filippo che ha dovuto affrontare la mancanza della madre per dieci mesi. Dopo tre mesi di cure a Perugia, la famiglia torna a casa, ma per Francesco ci sono solo cure palliative disponibili. Riflessioni amare accompagnano i genitori, che ora avvertono altri genitori in situazioni simili: “Andate negli ospedali“.

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