La recente sentenza della Corte d’appello di Ancona ha suscitato un acceso dibattito in Italia, ribaltando la decisione del tribunale di Macerata che, tre anni fa, aveva assolto un 31enne accusato di violenza sessuale nei confronti di una ragazza di 17 anni. I fatti risalgono al 2019, quando l’imputato è stato accusato di aver abusato della giovane in un’auto. La Corte ha inflitto una pena di tre anni di carcere, una condanna inferiore rispetto ai quattro anni e un mese richiesti dalla sostituta procuratrice generale Cristina Polenzani.
Il verdetto della corte d’appello
Il verdetto della Corte d’appello è stato emesso nel tardo pomeriggio, dopo una giornata caratterizzata da polemiche riguardanti le motivazioni della sentenza di primo grado. Quest’ultima aveva escluso la possibilità di stupro, sostenendo che la vittima non avesse opposto resistenza e non avesse cercato di allontanarsi dall’imputato, che si trovava al volante dell’auto. Tra le argomentazioni presentate dai giudici di primo grado, è emersa l’idea che la giovane, non essendo vergine, fosse consapevole delle conseguenze della situazione.
Le dichiarazioni dei parlamentari
Le dichiarazioni dei parlamentari del Partito Democratico, tra cui Cecilia D’Elia e Sara Ferrari, hanno evidenziato la necessità di una legge sul consenso in Italia. Hanno sottolineato che la sentenza del tribunale di Macerata dimostra l’urgenza di un intervento legislativo che tuteli le donne. Durante il processo, la giovane non era presente, ma il pubblico ministero ha riferito che ella aveva acconsentito a “effusioni”, esprimendo però chiaramente la volontà di non proseguire oltre.
Il ruolo dell’accusa
L’accusa ha evidenziato che il consenso deve essere chiaro e presente dall’inizio alla fine del rapporto. La giovane, secondo quanto riportato, ha raccontato di aver tentato di urlare, ma di non esserci riuscita, mentre l’imputato la bloccava con la forza. Dopo l’episodio, la ragazza ha cercato supporto psicologico per affrontare le conseguenze emotive subite, durando per due anni.
La reazione della difesa
I legali del 31enne, Mauro Riccioni e Bruno Mandrelli, hanno espresso sorpresa per la decisione della Corte d’appello, definendo la sentenza di primo grado come “lineare”. Hanno annunciato l’intenzione di presentare ricorso in Cassazione, una volta ricevute le motivazioni della sentenza, che dovranno essere depositate entro 90 giorni. La difesa ha contestato la credibilità della ragazza, citando l’assenza di richieste di aiuto e lesioni riscontrate durante gli accertamenti medici, elementi che, secondo loro, avrebbero dovuto influenzare il giudizio.
