Un recente studio condotto dagli scienziati dell’Università di Alba Iulia ha evidenziato un legame significativo tra la felicità e il rischio di mortalità per malattie croniche non trasmissibili. La ricerca, pubblicata sulla rivista Frontiers in Medicine, ha analizzato dati provenienti da 123 Paesi e ha messo in luce come le nazioni in cui le persone si dichiarano più felici mostrino un tasso di mortalità inferiore per condizioni come cancro, diabete e malattie cardiache. Queste malattie, che nel 2021 hanno rappresentato circa il 75% dei decessi non legati alla pandemia, possono derivare da una combinazione di fattori genetici, ambientali e comportamentali.
La ricerca, guidata dalla dottoressa Iulia Iuga, ha utilizzato una varietà di fonti, tra cui dati di organizzazioni sanitarie internazionali e sondaggi di opinione, per tracciare il rapporto tra benessere mentale e salute fisica. I dati analizzati sono stati raccolti tra il 2006 e il 2021, fornendo un panorama ampio e dettagliato sulla situazione globale.
Misurazione della felicità e impatto sulla salute
La felicità è stata quantificata attraverso la scala Life Ladder, dove un punteggio di 2,7 punti rappresenta una soglia critica, al di sotto della quale si registrano difficoltà e infelicità. Secondo Iuga, già a partire da questo valore, si osservano miglioramenti nella salute. Lo studio ha rivelato che ogni incremento dell’1% nel benessere soggettivo è associato a una diminuzione dello 0,43% del tasso di mortalità per malattie non trasmissibili tra le persone di età compresa tra i 30 e i 70 anni.
Durante il periodo di osservazione, non sono stati riscontrati effetti negativi legati a livelli eccessivi di felicità. Tuttavia, al di sotto della soglia di 2,7 punti, i piccoli miglioramenti nel benessere mentale non hanno mostrato effetti significativi sulla salute. Il punteggio medio della scala nei Paesi esaminati è stato di 5,45, con valori che oscillano tra 2,18 e 7,97.
Strategie per migliorare il benessere
Gli esperti hanno identificato diverse strategie che i governi potrebbero adottare per aiutare i Paesi a superare il punteggio soglia di 2,7. Tra queste, si evidenzia la promozione di uno stile di vita sano, l’ampliamento delle iniziative per la prevenzione dell’obesità e la riduzione della disponibilità di alcol. Inoltre, migliorare l’ambiente e aumentare la spesa sanitaria pro capite sono considerati fattori cruciali.
Questo studio potrebbe avere un impatto significativo sulle politiche sanitarie e sociali, suggerendo l’importanza di integrare il benessere nelle agende nazionali. Tuttavia, gli autori avvertono che i valori di felicità sono stati auto-riferiti, il che potrebbe aver introdotto errori di misurazione e distorsioni culturali. In futuri approfondimenti, si prevede di considerare ulteriori misure, come gli anni vissuti con disabilità e le cartelle cliniche dei ricoveri ospedalieri.
Iuga conclude sottolineando che comprendere gli effetti protettivi della felicità potrebbe fornire dati più accurati per le politiche sanitarie, dimostrando che la felicità non è solo un’emozione individuale, ma rappresenta anche una risorsa misurabile per la salute pubblica.
