Il recente parere negativo della Corte dei Conti, datato 2025, ha generato un significativo ostacolo per il Governo italiano riguardo all’approvazione di un’importante opera pubblica. Sebbene il “non visto di legittimità” non blocchi completamente il progetto, crea una serie di complessità procedurali e politiche che l’esecutivo deve affrontare con urgenza.
Risposta tecnica e procedurale del Governo
Il primo passo che il Governo deve intraprendere è fornire una risposta dettagliata ai rilievi sollevati dai magistrati contabili. La Corte dei Conti ha negato il visto alla delibera CIPE a causa di importanti lacune, tra cui:
- Sostenibilità economico-finanziaria: La Corte ha messo in discussione l’adeguatezza delle previsioni sui costi totali, che hanno subito un notevole incremento rispetto al progetto iniziale, così come i ricavi attesi e il piano tariffario.
- Conformità normativa: È stato evidenziato il mancato rispetto delle direttive europee, in particolare per quanto riguarda l’obbligo di ripetere la gara d’appalto, dato che il costo attuale supera di oltre il 50% il valore del contratto originale.
- Aspetti ambientali e di sicurezza: La mancanza di documentazione aggiornata riguardante la zonizzazione sismica e le prove del vento è stata un altro punto critico sollevato dalla Corte.
Per affrontare queste problematiche, il Governo, attraverso la Società Stretto di Messina S.p.A. e il Ministero delle Infrastrutture, è chiamato a presentare una memoria con controdeduzioni, integrando la documentazione carente e cercando di persuadere la Sezione di controllo.
Deliberazione del Consiglio dei Ministri
Un’altra opzione a disposizione del Governo è quella di procedere con una deliberazione del Consiglio dei Ministri. Questo rappresenta una via diretta per affrontare il diniego della Corte dei Conti.
- Procedura: Se il parere negativo della Corte dovesse persistere, il Governo ha la facoltà di continuare il processo. La legge consente al Consiglio dei Ministri di adottare una deliberazione specifica per ordinare la registrazione con riserva dell’atto, ovvero della delibera CIPE. Questa decisione rappresenterebbe un atto di alta politica, in grado di superare formalmente il parere tecnico negativo, ma comporterebbe anche una responsabilità politica e contabile diretta per il CdM. In tal modo, l’esecutivo si esporrebbe a possibili indagini per danno erariale, qualora i rilievi della Corte dovessero tradursi in danni per le finanze pubbliche.
Strategie legali e contenzioso
Un’altra strategia, più controversa, riguarda la gestione dei vincoli legali. Alcuni esperti suggeriscono che, in risposta al vincolo europeo di ripetere la gara a causa dell’aumento dei costi, il Governo potrebbe tentare di “militarizzare” l’opera o dichiararla strategica per la NATO. Questa manovra potrebbe consentire di aggirare alcuni vincoli procedurali e ambientali imposti dall’Unione Europea.
Tuttavia, questa opzione presenta rischi considerevoli e potrebbe generare forti contestazioni. Senza il visto di legittimità, il progetto rimane esposto a potenziali ricorsi legali. Qualsiasi avvio dei lavori, o anche la semplice firma di contratti, potrebbe essere immediatamente contestato davanti al TAR, al Consiglio di Stato e persino alle Corti Europee, come già dimostrato dal fronte “No Ponte”. Ciò comporterebbe il rischio di una paralisi giudiziaria e di ingenti penali a carico dello Stato.
