Meredith Kercher, l’ex pm: “Giustizia non è stata fatta, interrogatorio ad Amanda errato”

Rosita Ponti

Novembre 1, 2025

Sono trascorsi diciotto anni dall’omicidio di Meredith Kercher, la giovane studentessa britannica rinvenuta senza vita nel suo appartamento di via della Pergola, a Perugia, il 1° novembre 2007. Per questo crimine, Rudy Guede è stato condannato in via definitiva, mentre Amanda Knox e Raffaele Sollecito, inizialmente accusati di complicità, sono stati successivamente assolti. Tuttavia, secondo Giuliano Mignini, l’ex pubblico ministero che ha guidato le indagini, la questione non è affatto chiusa. Queste affermazioni emergono da un’intervista rilasciata a La Stampa.

Nuovo possibile sospetto

Mignini ha rivelato che negli ultimi mesi è emerso un nuovo possibile sospetto, mai considerato in precedenza, segnalato da una fonte ritenuta affidabile. Si tratterebbe di un individuo che ha lasciato l’Italia pochi giorni dopo il delitto. L’ex magistrato ha già inoltrato la segnalazione alla Procura di Perugia, che sta ora verificando la veridicità di tali informazioni. “Se avessi avuto questi elementi all’epoca – ha dichiarato – le indagini avrebbero potuto seguire un percorso diverso”, aggiungendo che molte persone avrebbero taciuto per paura.

Il rapporto umano con Amanda Knox

Nell’intervista, Mignini ha rievocato il suo rapporto con Amanda Knox, definendola la persona con cui ha avuto il contatto più diretto tra gli accusati. Ha ammesso di non essere stato completamente sereno quando ha dovuto richiedere la condanna. Da padre, ha confessato di aver trovato difficile affrontare una ragazza di soli vent’anni. Secondo il magistrato, la Knox mostrava una certa diffidenza nei confronti delle forze dell’ordine, in particolare nei confronti della dirigente della sezione omicidi, i cui rapporti con lei erano tesi, poiché si diceva che “odiava Amanda”. Oggi, Mignini osserva che l’ex studentessa americana sembra “più matura e compassionevole”, pur mantenendo un lato “narcisista”. Raffaele Sollecito, al contrario, “potrebbe provare una certa gelosia” per la notorietà di Amanda.

I fattori che hanno influenzato il processo

Mignini ha poi esaminato alcuni aspetti processuali, sottolineando come diversi fattori fortuiti abbiano giocato a favore della Knox e di Sollecito. In particolare, la decisione di optare per il rito abbreviato di Rudy Guede ha portato a “un’incompatibilità del primo collegio giudicante”, costringendo a formare un nuovo gruppo di giudici. Se non fosse accaduto, “la condanna sarebbe stata certa” anche per la Knox e Sollecito. Riguardo all’assoluzione finale dei due, il magistrato ha definito la sentenza “eccezionale”, richiamando l’annullamento senza rinvio deciso dalla Cassazione, un evento raro nella giurisprudenza italiana. A suo avviso, “la presenza della Knox e quasi certamente di Sollecito” sulla scena del crimine è accertata, anche se non è mai stato chiarito quale ruolo abbiano avuto realmente. Guede, ha ribadito, “non agì da solo”.

Pressioni mediatiche e pregiudizi

Mignini ha descritto il contesto mediatico che ha circondato il caso, sostenendo che fosse caratterizzato da pregiudizi reciproci e forti pressioni internazionali. Gli italiani tendevano a considerare l’americana come “una poco di buono”, mentre gli inglesi nutrivano pregiudizi nei confronti di italiani e americani, e gli statunitensi avevano opinioni negative sugli europei. L’ex pubblico ministero ha raccontato di essere stato etichettato come “inquisitore” dalla stampa americana e di aver ricevuto lettere di minaccia, alcune delle quali provenienti da un giudice dello Stato di Washington. Ha anche menzionato l’intervento del Dipartimento di Stato e le dichiarazioni di Donald Trump, che lo hanno attaccato pubblicamente.

Interrogatori e prove controverse

Tra gli errori giudiziari più significativi, Mignini ha citato la gestione dell’interrogatorio di Amanda Knox, durante il quale non sono state rispettate pienamente le garanzie di difesa, come il diritto a rimanere in silenzio e a farsi assistere da un legale. Ha menzionato anche il gancetto del reggiseno di Meredith, considerato una “prova cruciale” contro Guede e Sollecito, ma analizzato, secondo lui, “con troppa superficialità”. Critiche sono state mosse anche alla valutazione dei testimoni: il clochard Antonio Curatolo, che ha affermato di aver visto i due giovani la notte del delitto, non è stato ritenuto attendibile. Mignini ha sostenuto che l’effrazione nella finestra dell’abitazione non è mai avvenuta, ma era un tentativo di favorire qualcuno che si trovava nella casa, ovvero Amanda Knox.

Una giustizia incompleta

A quasi vent’anni dall’accaduto, Mignini esprime ancora un senso di incompletezza: “Ci furono errori giudiziari, errori a favore degli imputati. Lo riconosco, è una storia che a distanza di 18 anni non riesco a digerire: non c’è stata giustizia”.

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