Cop30, la voce degli indigeni: “Difendete l’Amazzonia, fermate lo sfruttamento”

Rosita Ponti

Novembre 12, 2025

Martedì 11 novembre 2025, Belém, nello Stato di Pará, ha vissuto una notte di tensione e disordini in seguito a una protesta indetta da comunità indigene. Questo evento ha avuto luogo in concomitanza con la COP30, il vertice sul clima che riunisce delegati da tutto il mondo per affrontare le sfide legate al cambiamento climatico. I manifestanti, in gran parte appartenenti a gruppi indigeni amazzonici, hanno tentato di superare le barriere di sicurezza per entrare nella sede delle Nazioni Unite, dove si svolge la conferenza.

I partecipanti alla manifestazione hanno marciato verso il complesso, esprimendo il loro dissenso con slogan come “La nostra terra non è in vendita” e ripetendo incessantemente la parola d’ordine “Resistenza”. La situazione è rapidamente degenerata in uno scontro con il personale di sicurezza, con video che mostrano i manifestanti che cercano di superare le barriere, mentre gli agenti tentano di contenerli, utilizzando anche tavoli per ostacolare l’accesso. Durante questi momenti di alta tensione, un agente di sicurezza è stato ripreso mentre afferrava un manifestante per il collo.

L’escalation della protesta ha portato a diversi infortuni. Un testimone di Reuters ha osservato il soccorso di un addetto alla sicurezza, che è stato portato via in sedia a rotelle, visibilmente sofferente.

Le motivazioni della protesta e il messaggio del popolo tupinambá

Cacique Gilson, leader della protesta e rappresentante del popolo Tupinambá, ha illustrato le motivazioni che hanno spinto alla mobilitazione contro lo sfruttamento delle risorse e la deforestazione della foresta amazzonica. Gilson, che risiede nelle vicinanze del Basso TapajĂłs, ha dichiarato: “Loro sono il governo, [questa protesta] è un modo per difendere lo spazio in cui si sta svolgendo, in questo momento.” Ha aggiunto che per gli indigeni è un periodo di rivolta e indignazione, sottolineando come sentano profondamente le conseguenze della perdita del loro territorio.

Il leader indigeno ha lanciato un appello alla comunitĂ  internazionale e alle autoritĂ , affermando: “Noi non mangiamo soldi, vogliamo il nostro territorio libero. Ma continua il business dell’esplorazione petrolifera, dell’esplorazione mineraria e del disboscamento.” Queste parole evidenziano la frustrazione e la determinazione del popolo Tupinambá nella lotta per la salvaguardia della loro terra e dei loro diritti.

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