“Mamma ha provato a strozzarmi”. Questa frase inquietante è stata pronunciata nel 2023 da Giovanni, un bambino di 9 anni tragicamente ucciso dalla madre Olena Stasiuk mercoledì sera a Muggia, in provincia di Trieste. I carabinieri erano intervenuti nell’abitazione del padre, Paolo Trame, di 58 anni, per placare una lite tra i genitori separati. Le dichiarazioni del piccolo, risalenti a giugno di due anni fa, sono contenute in un dossier di circa 5mila fogli, che include verbali giudiziari, denunce e relazioni di assistenti sociali, riaffiorate in seguito all’omicidio. Il Ministero della Giustizia ha avviato un’indagine per comprendere le motivazioni che hanno portato il tribunale a consentire incontri “non protetti” tra madre e figlio.
Le inchieste in corso
Due inchieste sono state avviate in seguito alla tragedia. La prima, di natura penale, si concentra sulle circostanze che hanno permesso a una donna con un passato di problemi psichiatrici, già in cura presso un Centro di Salute Mentale a Trieste e seguita dai servizi sociali di Muggia, di commettere un omicidio durante un incontro svoltosi senza la supervisione degli operatori. La seconda inchiesta è di tipo ministeriale e mira a chiarire le procedure e le decisioni che hanno portato a questa drammatica situazione.
Le testimonianze del bambino
Nel giugno 2023, Giovanni, allora di otto anni, aveva riferito ai carabinieri di episodi di violenza durante le visite con la madre. “Mi ha preso per il collo con entrambe le mani”, aveva raccontato, mimando il gesto dello strangolamento. Queste dichiarazioni sono state documentate nei verbali conservati dalla legale Gigliola Bridda, che ha assistito il padre del bambino. L’avvocato ha descritto la vicenda come complessa, evidenziando che, nonostante fosse monitorata dalle istituzioni, è stata sottovalutata nei momenti cruciali.
Un susseguirsi di segnalazioni
La controversia tra i due ex coniugi ha avuto inizio nel 2017, anno della loro separazione. Negli anni successivi, si sono susseguite denunce e relazioni da parte dei servizi sociali, accompagnate da decisioni del tribunale. Un episodio risalente al 2018 ha visto Olena Stasiuk minacciare di togliersi la vita insieme al figlio. Nonostante le segnalazioni, alcuni procedimenti sono stati archiviati, in particolare l’accusa di lesioni legata al presunto tentativo di strangolamento del bambino. Il pubblico ministero ha ritenuto che le ferite potessero essere compatibili con “eventi accidentali”, una tesi accettata dal giudice per le indagini preliminari.
Le decisioni del tribunale e gli incontri non protetti
Il 13 maggio 2024, il tribunale civile ha autorizzato incontri tra madre e figlio anche in assenza di assistenti sociali. Questa decisione è stata presa dopo che i servizi avevano segnalato “progressi” nelle condizioni di Olena, seguita da un Centro di Salute Mentale. Tale sentenza è ora oggetto di verifica da parte del Ministero della Giustizia, che intende comprendere le ragioni dietro il permesso di incontri “non protetti”, durante uno dei quali è avvenuto il delitto.
Indagini ministeriali sul caso di Muggia
Il Ministero della Giustizia ha richiesto una relazione urgente per stabilire l’origine della decisione e la catena di controlli che ha portato alla tragedia. Gli uffici ministeriali stanno aspettando la documentazione del tribunale e dei servizi sociali di Muggia per esaminare le procedure adottate. L’obiettivo è verificare se siano stati rispettati i protocolli previsti per i casi di genitori con problematiche psichiatriche. L’autopsia, ancora da programmare, dovrà accertare il numero di coltellate inferta al bambino dalla madre.
Un conflitto familiare protratto nel tempo
La relazione tra Paolo Trame, operaio di 58 anni, e Olena Stasiuk, 55enne di origine ucraina, è iniziata nel 2012 e si è interrotta pochi anni dopo la nascita di Giovanni. Olena, originaria di Zaporizhzhia, ha affrontato in passato problemi familiari e un ricovero obbligatorio per schizofrenia. Nonostante i periodi di cura e apparenti miglioramenti, la loro relazione si è trasformata in una lunga battaglia legale per l’affidamento del bambino.
