Alberto Trentini, un cooperante italiano di 46 anni originario del Lido di Venezia, è stato arrestato in Venezuela il 15 novembre 2024 mentre partecipava a una missione umanitaria con l’ONG Humanity & Inclusion. L’arresto è avvenuto senza una chiara contestazione di accuse, durante un controllo mentre si trovava in viaggio da Caracas a Guasdalito. Da quel momento, Trentini è detenuto nella prigione di El Rodeo I, situata nella periferia di Caracas, in condizioni di isolamento e senza la possibilità di comunicare regolarmente con la famiglia o con i suoi avvocati. La sua situazione è ulteriormente complicata dalla sofferenza di ipertensione e dall’accesso limitato alle cure mediche, che pongono gravi rischi per la sua salute.
Oggi, la madre di Trentini, Armanda Colusso, ha tenuto una conferenza stampa a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano. “Fino ad agosto, il nostro governo non ha avuto alcun contatto con il governo venezuelano. Questo dimostra quanto poco si siano spesi per mio figlio”, ha dichiarato. Colusso ha espresso la sua indignazione dopo un anno di silenzio e inattività , affermando: “Per Alberto non si è fatto ciò che era doveroso fare. Sono stata troppo paziente ed educata, ma ora la pazienza è finita”.
La madre ha anche rivelato di aver ricevuto solo tre telefonate dalla premier Giorgia Meloni e di aver avuto due incontri con Mantovano, mantenendo un costante contatto. “Ci è stato imposto il silenzio per non danneggiare la posizione di mio figlio. Ci siamo fidati e abbiamo operato in silenzio, ma non possiamo più essere ignorati”, ha aggiunto Colusso, sottolineando come, con il loro consenso, sia stata fatta un’interrogazione parlamentare.
Tre telefonate alla famiglia in un anno
Durante il suo lungo periodo di detenzione, Trentini ha potuto contattare la sua famiglia solo tre volte. La prima chiamata è avvenuta dopo diversi mesi dall’arresto, in cui ha dato segnali di vita, rassicurando la famiglia sulla sua condizione generale, senza però entrare nei dettagli a causa della brevità e della sorveglianza delle comunicazioni.
La seconda telefonata si è svolta circa otto mesi dopo l’inizio della detenzione. In questa occasione, ha manifestato preoccupazione per la sua salute, esortando la famiglia a rimanere unita e ringraziando per il supporto ricevuto, pur non potendo approfondire la conversazione.
L’ultima chiamata, avvenuta il 10 ottobre 2025, è risultata la più significativa: Trentini ha rassicurato i familiari sulla sua salute, ha raccomandato ai genitori di prendersi cura l’uno dell’altro e ha espresso gratitudine a chi lo sostiene. Questi contatti telefonici, seppur brevi e limitati nel tempo, sono avvenuti in un contesto di isolamento e difficoltà comunicative, accentuando l’angoscia della famiglia.
I rapporti di Amnesty e IACHR sul suo arresto
L’arresto di Trentini è stato denunciato come arbitrario da numerose organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, che ha evidenziato un contesto di repressione e sparizioni forzate in Venezuela sotto il regime di Nicolás Maduro. Amnesty ha sottolineato come il governo venezuelano utilizzi l’accusa di “mercenari stranieri” per giustificare detenzioni politiche. Trentini è uno dei circa 15 italiani attualmente detenuti in Venezuela in circostanze poco chiare.
Nel suo rapporto “Detentions without a trace”, Amnesty evidenzia che la detenzione di Trentini rientra in un contesto di sparizioni forzate e arresti arbitrari perpetrati dalle forze di sicurezza venezuelane, tra cui la Dgcim, il Sebin e la Guardia Nazionale Bolivariana. La mancanza di informazioni sul suo stato e il suo isolamento sono considerati un crimine contro l’umanità , e l’organizzazione chiede un intervento urgente, evidenziando che la sua detenzione è ingiusta e priva di un giusto processo, con rischi di maltrattamenti o torture. La segretaria generale Agnes Callamard ha ricordato che le sparizioni forzate sono crimini internazionali non soggetti a prescrizione.
La IACHR (Commissione Interamericana per i Diritti Umani) ha richiesto misure cautelari a favore di Trentini, considerando la sua vita a grave rischio. Ha ordinato al Venezuela di confermare il luogo di detenzione, garantire condizioni compatibili con gli standard internazionali, assicurare contatti regolari con la famiglia, informare sulle accuse e fornire cure mediche immediate. Tuttavia, il governo venezuelano non ha risposto a queste richieste, lasciando la condizione di Trentini in un limbo preoccupante.
La pressione diplomatica e i rapporti difficili con Maduro
Il governo italiano, rappresentato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, sta attivamente cercando di ottenere la liberazione di Trentini e degli altri italiani detenuti, definendo il cooperante “non un criminale pericoloso”. Nel 2025, l’Italia ha nominato un inviato speciale, Luigi Maria Vignali, per seguire i casi di italiani in Venezuela e ha avviato colloqui diplomatici diretti. I rapporti tra Italia e Venezuela sono tesi e complicati da diversi anni.
A livello diplomatico, l’Italia non riconosce il governo di Maduro a causa delle contestate elezioni, mantenendo un incaricato d’affari anziché un ambasciatore a Caracas. Tuttavia, il governo italiano continua a richiedere la liberazione di Trentini attraverso canali diplomatici e rappresentanze internazionali. La premier Giorgia Meloni ha personalmente contattato la madre di Trentini due volte, assicurando il massimo impegno del governo sulla questione.
Il lavoro diplomatico italiano è ostacolato da un contesto internazionale teso e dalla volontà del regime venezuelano di sfruttare la situazione per esercitare pressioni politiche. Le autorità italiane insistono nel chiedere il rispetto dei diritti umani e la trasparenza sul caso di Trentini. Parallelamente, la diplomazia vaticana e la Comunità di Sant’Egidio sono attivamente coinvolte in iniziative di mediazione.
La tensione internazionale complica la vicenda
Il Venezuela sta attraversando una profonda crisi politica, economica e sociale, aggravata da crescenti tensioni militari con gli Stati Uniti, che hanno intensificato le operazioni navali nei Caraibi, aumentando la pressione sul regime di Caracas. Questi fattori rendono difficili le mediazioni dirette e creano un clima di diffidenza, in cui i detenuti politici, come Trentini, vengono utilizzati come pedine in una complessa strategia di pressione internazionale.
Il regime venezuelano, pur mostrando disponibilità a visite consolari e negoziati, utilizza la detenzione di cittadini stranieri anche per fini politici o per trattative multilaterali con attori internazionali come Russia, Cina, Cuba e Turchia, complicando ulteriormente la situazione diplomatica. Questo approccio viene definito “diplomazia degli ostaggi”.
L’Italia, oltre a un forte impegno diplomatico diretto, sta cercando mediazioni multilaterali, coinvolgendo anche la Santa Sede e partner come El Salvador. Tuttavia, la questione rimane estremamente delicata e influenzata da interessi geopolitici di alto livello.
