Vini e dintorni – Quando si discute di vino francese, le menti si rivolgono immediatamente a Bordeaux, Borgogna o Champagne. Tuttavia, il Languedoc-Roussillon, la regione vitivinicola più estesa del Paese, presenta una storia che affonda le radici in oltre duemila anni e un patrimonio geologico capace di generare una sorprendente varietà di vini.
Questa premessa ha dato il via alla degustazione “Il lusso rurale del Sud della Francia: 25 anni di Domaines Paul Mas”, svoltasi al Merano WineFestival il 5 novembre 2025. L’evento è stato guidato da Thomas Taddeo, responsabile per l’Italia dei Domaines Paul Mas, coadiuvato dal giornalista Marco Sciarrini, esperto di questa realtà vinicola francese. La presentazione ha tracciato un racconto che intreccia territorio, memoria e visione contemporanea.
Un airone rosso a guardia dei filari
La narrazione ha preso forma attraverso un’immagine evocativa proposta da Taddeo: un bambino che si muove tra le vigne, incontrando un airone rosso ad ogni passo. Quel bambino è Jean-Claude Mas, erede della famiglia e protagonista della modernizzazione dell’azienda. L’airone, simbolo distintivo del domaine, rappresenta non solo un logo, ma un ricordo personale che si è trasformato in identità.

Jean-Claude Mas, figura centrale dei Domaines Paul Mas, tra le vigne che hanno reso la “Nuova Languedoc” un laboratorio di innovazione
Sciarrini ha evidenziato un aspetto interessante delle sue visite: nella sede centrale, tra tecnici e responsabili di cantina, “ci sono più italiani di quanto ci si aspetterebbe in Francia”. Questo dettaglio restituisce l’atmosfera di un’azienda che si apre al mondo, mantenendo legami con figure storiche come Giorgio Grai, il maestro che ha contribuito a definire lo stile dei blend e la ricerca della finezza.
Dal rischio alla rinascita
Nel 2000, Jean-Claude Mas eredita circa venti ettari di terreno. Nonostante la fertilità del territorio, esso era poco valorizzato; i vigneti avevano un costo contenuto e gran parte del vino locale veniva venduto “a peso”. Di fronte alla possibilità di vendere tutto, Mas ha deciso di investire, segnando l’inizio di una crescita esponenziale. Oggi, i Domaines Paul Mas si estendono su 2.500 ettari tra proprietà e conferitori storici, sono presenti in 89 Paesi, producono oltre 20 milioni di bottiglie, coltivano 45 vitigni e adottano un modello organizzativo che prevede un enologo e un agronomo per ogni domaine.

Vecchie vigne del Languedoc: ceppi scultorei allevati ad alberello, simbolo di resilienza e identità mediterranea
Il progetto continua ad espandersi, mantenendo una cura artigianale sorprendente. In alcune parcelle, situate in aree naturali protette, si lavora ancora a cavallo, un’immagine evocativa che descrive il rispetto per la vigna. Non sorprende che l’azienda sia stata premiata come Miglior Cantina d’Europa da Wine Enthusiast.
Un mosaico mediterraneo
Il Languedoc è un territorio che esprime una grande varietà linguistica. Oltre ai vitigni francesi più noti, il domaine coltiva varietà familiari agli italiani: Vermentino, Cannonau/Grenache, Sangiovese e Montepulciano. Questa diversità riflette la natura mediterranea della regione e la volontà di esplorare stili e identità diverse.

Il suolo del Languedoc: calcare, argilla e pietrosità che definiscono l’eterogeneità degli oltre 45 vitigni coltivati
“Vogliamo creare vini contemporanei”, ha dichiarato Taddeo durante l’incontro, “senza perdere il legame con la nostra terra.” A questo si aggiunge la questione, trattata con naturalezza, della democraticità del prezzo, con vini pensati per offrire freschezza, pulizia e autenticità a costi volutamente accessibili. Questo approccio nasce dalla storia del territorio, dove i terreni, per anni sottovalutati, hanno permesso investimenti nella qualità senza far lievitare i prezzi, traducendosi in etichette che uniscono cura artigiana e sostenibilità economica.

Tecnica e precisione in cantina: fermentazioni controllate per preservare freschezza, identità e bevibilità
La degustazione: un racconto in sei passaggi
La degustazione guidata ha seguito un percorso che dal Limoux, storica culla delle bollicine francesi, si è spostata verso il cuore più caldo e mediterraneo del Languedoc, rivelando sfumature, stili e identità diverse ma unite dalla volontà di offrire vini autentici, leggibili e democratici.

Le sei etichette protagoniste della degustazione meranese: un viaggio dal Limoux ai rossi mediterranei del Languedoc
Si è iniziato con la Blanquette de Limoux, una versione non millesimata che interpreta l’anima più antica del territorio. La struttura è principalmente affidata al Mauzac, vitigno autoctono capace di offrire fragranza, acidità viva e un carattere rustico, che nelle mani di Paul Mas si trasforma in una nuova gentilezza. Il residuo zuccherino, volutamente più alto, serve a bilanciare la freschezza intensa del Mauzac senza cedere alla dolcezza, risultando in un sorso immediato e spontaneo.
Accanto a questa, il Crémant de Limoux, più rigoroso e vicino alla classicità francese del metodo tradizionale. Qui entrano in gioco Chardonnay e Chenin Blanc, con una piccola parte di Mauzac per mantenere il legame con il territorio. Il profilo diventa più verticale, con agrumi che si intrecciano alla crosta di pane, mentre la bollicina, affinata per dodici mesi, assume un tono più gastronomico. Questo rappresenta un naturale collegamento verso il resto della gamma, un primo assaggio dell’idea di “lusso accessibile” che caratterizza l’intero progetto.
Il terzo vino, Vignes de Nicole Chardonnay–Viognier 2024, ha aperto la porta a un’altra dimensione del Languedoc, caratterizzata da bianchi solari ma sorprendentemente equilibrati. Il blend gioca su un contrasto armonioso tra la cremosità dello Chardonnay, coltivato su suoli calcarei, e la fragranza esotica del Viognier, che porta fiori bianchi e frutta matura. Un piccolo affinamento in legno arrotonda il sorso senza appesantirlo, mantenendo la leggerezza contemporanea scelta dai Domaines Paul Mas come cifra stilistica.
Successivamente, si è passati ai rossi della linea Vignes de Nicole, simbolo della crescita qualitativa dell’azienda e della sua ambizione di superare l’etichetta di “regione da vini semplici”. Il Cabernet Sauvignon–Syrah 2024 è stato il primo dei due, un vino che combina la struttura tipica del Cabernet con la speziatura mediterranea della Syrah, senza perdere freschezza. Il legno, parte francese e parte americana, aggiunge finezza aromatica, mentre il territorio di Montagnac conferisce profondità e salinità. È un rosso solido ma non pesante, moderno senza forzature.
Più classico il Cabernet Sauvignon–Merlot 2023, che reinterpreta in chiave sud-francese un taglio bordolese. Il frutto è maturo ma composto, il sorso è morbido e lineare, con una trama tannica setosa che dimostra come il concetto di “democraticità” non significhi banalità. Il carattere del Languedoc rimane percepibile, con una luce più calda, un accenno di rosmarino e un tocco di grafite che emerge dal calcare.
A chiudere, l’etichetta più rappresentativa della sessione: Mas Astelia Cabernet Sauvignon 2023, proveniente dalla tenuta simbolo della nuova generazione Paul Mas. Qui il Cabernet assume una dimensione completamente diversa, più scura, profonda e ambiziosa. La tessitura è fitta ma elegante, con il legno che dialoga con il frutto senza sovrastarlo. Questo vino segna un confine, mostrando fino a dove può spingersi il Languedoc quando è interpretato con visione e sensibilità contemporanea.
Nel complesso, la degustazione ha rivelato il vero spirito dei Domaines Paul Mas: vini sinceri, curati e accessibili, ma non semplici, pensati per un pubblico ampio e capaci di sorprendere anche i palati più esperti. Un racconto, in bottiglia, di un territorio che sta ridefinendo il proprio ruolo nella geografia del vino francese.

Thomas Taddeo e Marco Sciarrini, protagonisti della masterclass dedicata ai Domaines Paul Mas durante il Merano WineFestival
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