La scomparsa delle gemelle Kessler ha riacceso il dibattito sul tema del trattamento di fine vita, un argomento che continua a suscitare polemiche e riflessioni in tutto il mondo. Le due artiste, celebri in Italia, hanno scelto di concludere la loro vita in Germania, il loro Paese d’origine, che offre la possibilità di accedere all’eutanasia legalizzata in specifiche circostanze.
Nel 2020, la Corte Costituzionale tedesca ha depenalizzato il suicidio assistito, dichiarando incostituzionale una legge che ne vietava la pratica. Questa sentenza ha stabilito il diritto di ogni individuo a decidere liberamente di porre fine alla propria vita, a condizione che ci sia un margine sufficiente di autodeterminazione. Tuttavia, la Corte ha precisato che nessuno è obbligato a partecipare a un suicidio assistito e ha lasciato al Parlamento la responsabilità di creare una legislazione specifica, che attualmente non esiste.
Requisiti per il suicidio assistito in Germania
In Germania, la pratica del suicidio assistito non è automaticamente accessibile a tutti. Chi desidera avvalersene deve dimostrare di agire in modo responsabile e di volerlo fare di propria volontà. È necessario essere maggiorenni e possedere la capacità giuridica riconosciuta. Inoltre, chi assiste il richiedente non può eseguire l’atto, poiché questo sarebbe considerato eutanasia attiva, un’azione proibita dalla legge. Negli ultimi anni, vari gruppi politici hanno tentato di introdurre una legislazione sul suicidio assistito nel Bundestag, senza successo fino ad ora.
La scelta delle gemelle Kessler si è quindi collocata all’interno di un quadro normativo ben definito. Secondo quanto riferito dalla portavoce della Deutsche Gesellschaft für Humanes Sterben, la decisione delle due donne è stata presa con consapevolezza, dopo un percorso che ha richiesto tempo. Hanno incontrato un legale per accertarsi che la loro volontà fosse genuina e non influenzata da malattie psichiatriche. Successivamente, un medico ha confermato che la decisione era stata presa in modo libero e responsabile.
Il processo di suicidio assistito
Secondo la normativa vigente, sebbene il medico prepari l’infusione letale, è il paziente a dover attivare la valvola e iniettarsi il mix di farmaci. Le gemelle Kessler hanno effettuato una prova con una soluzione salina prima di procedere con la dose letale, che ha portato al loro decesso per arresto cardiaco. A volte, i familiari possono testimoniare la libera scelta del paziente o registrare un video per documentare il processo e sollevare altri da eventuali responsabilità.
Situazione dell’eutanasia e suicidio assistito in Europa
La situazione del suicidio assistito varia notevolmente tra i diversi Paesi dell’Unione Europea. Ogni nazione ha un proprio orientamento, che si distingue tra eutanasia e suicidio assistito, a seconda di chi compie l’atto finale. Nell’eutanasia, un medico somministra direttamente il farmaco letale, mentre nel suicidio assistito, il medico fornisce il farmaco e l’assistenza, ma è il paziente a somministrarselo autonomamente.
Una mappa realizzata nel 2024 dall’Associazione Luca Coscioni mostra chiaramente quali Paesi nel mondo permettano, con diverse modalità, il suicidio medicalmente assistito. La Svizzera è stata la prima nazione a interpretare l’articolo 115 del codice penale, legittimando il suicidio assistito a determinate condizioni, senza però esplicitare una legittimazione per l’eutanasia. Anche l’Austria ha legalizzato la morte medicalmente assistita, ma solo per i residenti permanenti.
Nei Paesi Bassi, in Belgio e in Lussemburgo, il suicidio assistito è stato legalizzato, con il Belgio che dal 2014 ha esteso queste pratiche anche ai minori, a condizione che il giovane esprima un consenso informato. Più recentemente, la Spagna e il Portogallo hanno approvato leggi in materia di suicidio assistito.
Normativa sull’eutanasia e suicidio assistito in Italia
In Italia, la sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale ha stabilito che non si configura il reato di aiuto al suicidio se l’assistenza viene fornita a una persona malata che soddisfi i requisiti stabiliti dalla legge. Tuttavia, l’Associazione Luca Coscioni evidenzia come l’Italia sia l’unico Paese a richiedere il requisito dei trattamenti di sostegno vitale per accedere al suicidio assistito. Questa mancanza di una legge specifica e il vincolo dei trattamenti di sostegno vitale creano discriminazioni per i pazienti, come i malati oncologici terminali che desiderano porre fine alle proprie sofferenze ma non possono accedere a questa opzione.
Inoltre, i richiedenti si trovano spesso a dover affrontare ostacoli burocratici e ideologici da parte di regioni e comitati etici, che rallentano e complicano il processo, causando ulteriori disagi ai pazienti.
