Cloudflare e il blackout globale: analisi dei pericoli della rete centralizzata

Veronica Robinson

Novembre 19, 2025

Negli ultimi anni, il concetto di essere “offline” è diventato sempre più raro, quasi un ricordo di un’epoca passata. Nel 2025, il mondo si trova immerso in un ecosistema digitale dove la connessione è fondamentale per le transazioni e le comunicazioni quotidiane. Tuttavia, gli eventi recenti hanno messo in evidenza la vulnerabilità di questa rete. Il malfunzionamento di Cloudflare, verificatosi il 18 novembre, ha avuto ripercussioni significative, colpendo piattaforme essenziali come ChatGPT, il sistema di trasporti del New Jersey e social media come X (ex Twitter). Per approfondire la questione, abbiamo intervistato Antonino Caffo, un esperto nel campo delle tecnologie e dell’innovazione.

Le cause del disservizio e l’impatto globale

Il guasto di Cloudflare è emblematico di come un singolo errore possa innescare una reazione a catena che coinvolge milioni di utenti in tutto il mondo. Cloudflare funge da intermediario cruciale per la sicurezza e l’efficienza di innumerevoli siti web. Quando i suoi sistemi subiscono un malfunzionamento, le conseguenze sono immediate e di vasta portata. La spiegazione tecnica di questo fenomeno risiede nel funzionamento intrinseco di Internet. Quando un utente accede a un sito, si attiva un processo in cui vari dispositivi e server comunicano tra loro attraverso identificatori IP e il sistema DNS per trasferire dati. Cloudflare ottimizza e protegge questo processo. Se un elemento fondamentale di questa catena si rompe, la richiesta dell’utente non può andare a buon fine, anche se il server di destinazione è operativo. L’infrastruttura di Internet è composta da cavi sottomarini, router, switch e data center, tutti elementi fisici che richiedono energia e spazio. Un guasto in un punto critico può bloccare il flusso di dati, rendendo inaccessibili servizi che consideriamo scontati. Secondo le dichiarazioni di Cloudflare, il blackout del 18 novembre è stato causato da una modifica alle autorizzazioni di un sistema di database, che ha innescato controlli automatici bloccando la rete. Questo evento ha coinvolto circa il 20% di tutte le richieste digitali, impattando oltre 2,5 miliardi di persone.

La vulnerabilità dell’internet moderno

La crescente percezione di vulnerabilità dell’internet contemporaneo è il risultato di un cambiamento radicale nel modo in cui vengono gestiti i dati. Negli anni ’90 e nei primi anni 2000, le aziende ospitavano i propri server nei loro uffici, creando un’infrastruttura decentralizzata. Un guasto colpiva solo la singola azienda. Oggi, gran parte delle attività online si basa sul cloud computing, un modello che ha preso piede grazie ad Amazon, seguita da Microsoft e Google. Questa centralizzazione ha portato a una concentrazione del traffico internet nelle mani di pochi attori, noti come “hyperscaler”. Sebbene questa struttura abbia migliorato l’efficienza, ha anche creato punti di fallimento critici. I data center sono dislocati in “regioni”; un malfunzionamento in una di queste aree può avere conseguenze a livello continentale o globale. Le aziende spesso non sono consapevoli delle loro dipendenze regionali fino a quando non si verifica un problema, come dimostrato dal guasto di Cloudflare, che ha colpito i servizi a Londra, con ripercussioni a livello mondiale.

Rischi legati all’affidamento a pochi colossi tecnologici

Il rischio di dipendere da un oligopolio di grandi aziende tecnologiche per l’infrastruttura globale è reale e si manifesta in vari aspetti, tra cui l’affidabilità tecnica e la resilienza economica. Attualmente, nel mercato occidentale, Amazon Web Services (AWS), Microsoft Azure e Google Cloud dominano il settore, con una quota superiore al 70% in alcuni paesi. Questa concentrazione significa che un errore, un bug o un problema fisico in uno dei loro data center può avere conseguenze devastanti per interi settori. Nel 2025, un’interruzione di 15 ore nei data center di Amazon ha paralizzato piattaforme di gioco e strumenti di lavoro, dimostrando come un singolo errore possa trasformarsi in una crisi sistemica. Un caso emblematico è stato quello di CrowdStrike nel 2024, dove un aggiornamento software difettoso ha bloccato milioni di sistemi Windows in tutto il mondo. La monocultura tecnologica, in cui molte aziende utilizzano gli stessi strumenti, amplifica il rischio di guasti. Inoltre, le pratiche commerciali di queste aziende rendono difficile e costoso per le aziende diversificare i fornitori, creando un ecosistema chiuso e aumentando il rischio di guasti.

Strategie di protezione per aziende e utenti

Le aziende devono imparare a pianificare la ridondanza prima che si verifichino emergenze. Affidarsi a un solo provider cloud o a una singola regione geografica è diventato un rischio inaccettabile per i servizi critici. La protezione richiede investimenti significativi per garantire backup su cloud diversi o mantenere server interni per le funzioni vitali, in modo da poter operare anche durante un’interruzione del fornitore principale. Tuttavia, i costi e la complessità di tali strategie possono essere proibitivi per le piccole realtà. Per gli utenti comuni, la situazione è più difficile: non esistono difese tecniche contro guasti infrastrutturali di questa portata. Quando il cloud si ferma, l’unica opzione è attendere. Questo ci invita a riflettere sulla nostra dipendenza digitale, evidenziando la complessità e la fragilità dell’infrastruttura fisica che sostiene la nostra vita quotidiana.

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