Il recente incontro tra il governo e i sindacati riguardante l’Ilva si è concluso in modo drammatico, con una rottura dei negoziati e un annuncio di sciopero di 24 ore. La situazione ha preso una piega inaspettata, lasciando i rappresentanti dei lavoratori preoccupati per il futuro dei dipendenti. Il 1° gennaio 2025, ben 6.000 lavoratori saranno posti in cassa integrazione per permettere l’esecuzione di lavori di manutenzione, ma le vere difficoltà , secondo i sindacati, inizieranno a manifestarsi a partire da marzo.
Le dichiarazioni dei sindacati
Michele De Palma, segretario generale della Fiom, ha espresso la sua preoccupazione per la situazione attuale, sottolineando che il piano di cassa integrazione non è una soluzione a lungo termine. Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, ha ribadito che la decisione del governo di non estendere ulteriormente la cassa integrazione potrebbe avere ripercussioni significative sui lavoratori. In risposta a questa situazione, il governo ha annunciato un piano alternativo che prevede un programma di formazione per 1.550 lavoratori, ma i sindacati rimangono scettici riguardo all’efficacia di questa proposta.
Le prospettive per l’Ilva
Il ministro Urso ha confermato l’interesse di due potenziali acquirenti, Bedrock e Flacksgroup, per l’Ilva, aggiungendo che ci sono anche discussioni in corso con altri due soggetti. Tuttavia, Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim Cisl, ha messo in guardia sulla necessità di valutare con attenzione queste trattative, poiché i sindacati non sono convinti che tali interessi possano tradursi in un reale beneficio per i lavoratori. La situazione rimane quindi incerta, con i sindacati che si preparano a mobilitarsi ulteriormente per difendere i diritti dei lavoratori e garantire un futuro più stabile per l’industria.
