Roma, la Cassazione respinge la richiesta di risarcimento per una caduta a Trinità dei Monti: “Mancanza di attenzione”

Rosita Ponti

Novembre 19, 2025

La Corte di Cassazione ha emesso un verdetto definitivo riguardo a un ricorso presentato da una donna che richiedeva un risarcimento di 130 mila euro al Comune di Roma. L’incidente si è verificato il 5 luglio 2014 sulla scalinata di Trinità dei Monti, un celebre monumento della capitale. I giudici hanno stabilito che le condizioni della scalinata, riconosciuta come un bene storico e di valore artistico, non possono essere considerate responsabili della caduta. La donna, che ha riportato fratture al gomito e al piede sinistro con danni permanenti del 22%, avrebbe dovuto adottare maggiori cautele, soprattutto in una situazione di visibilità chiara e senza ostacoli. Di conseguenza, la responsabilità è stata attribuita alla sua distrazione.

La dinamica dell’incidente e le lesioni riportate

La ricostruzione dell’incidente, come riportato nei documenti del caso, evidenzia che la donna stava scendendo lungo la prima rampa della scalinata di Trinità dei Monti quando è scivolata. Ha attribuito la caduta alla presunta irregolarità dei gradini, che ha descritto come sconnessi, usurati e scivolosi, nonostante il tempo fosse sereno. La ricorrente ha anche sottolineato l’assenza di cartelli di pericolo e di misure di sicurezza. A seguito della caduta, ha subito gravi lesioni: una lussazione del gomito sinistro con frattura del capitello radiale e della coracoide, oltre alla frattura del piede sinistro. La donna ha richiesto un intervento chirurgico e ha riportato danni permanenti stimati nel 22%, insieme a un periodo di inabilità totale e parziale di 180 giorni.

Le valutazioni dei giudici nei tre gradi di giudizio

La richiesta di risarcimento è stata respinta sia in primo grado che in Appello. La Corte d’Appello di Roma ha evidenziato che, durante l’interrogatorio, la donna aveva dichiarato di conoscere già la scalinata, avendola percorsa in precedenza e di essere scesa in condizioni di piena visibilità senza pioggia. Inoltre, non c’erano altre persone davanti a lei che potessero ostacolare la visuale. Questi elementi hanno indotto i giudici a ritenere che le condizioni della scalinata non potessero essere considerate la causa diretta dell’incidente. La Corte di Cassazione ha confermato integralmente queste valutazioni, imponendo alla ricorrente anche il pagamento delle spese processuali, ammontanti a 7.700 euro.

Perché la scalinata non è considerata pericolosa

Nella sua sentenza, la Corte di Cassazione ha sottolineato le caratteristiche intrinseche della scalinata di Trinità dei Monti, definendola un bene monumentale di grande valore storico e artistico, privo di un “dinamismo proprio”. La struttura non può subire interventi ordinari che ne altererebbero l’identità originaria. Pertanto, eventuali irregolarità dei gradini non sono considerate pericolose, ma piuttosto una caratteristica intrinseca del monumento. I giudici hanno anche chiarito che una caduta “su di una scala” non implica necessariamente una caduta “a causa della scala”, a meno che non emergano elementi oggettivi che colleghino l’incidente a specifici difetti della struttura.

Il principio della prevedibilità del rischio secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dedicato particolare attenzione al principio della prevedibilità e della gestione del rischio da parte dell’utente. La capacità di prevedere e gestire situazioni di potenziale rischio è fondamentale. Nel caso in esame, la donna ha affermato di aver percorso la scalinata in condizioni ottimali: tempo sereno, gradini ben visibili e assenza di altri passanti. Pertanto, secondo la Cassazione, la responsabilità della caduta ricade principalmente sull’imprudenza della donna e non su una condizione anomala della scalinata.

Le motivazioni che hanno portato al rigetto del ricorso

Le conclusioni della Cassazione si basano su una valutazione complessiva della dinamica dell’incidente, della natura della scalinata e delle dichiarazioni della ricorrente. Sebbene la struttura presenti irregolarità dovute all’usura e all’antichità, non ci sono elementi che possano configurare una responsabilità del Comune. La donna, conoscendo il luogo e trovandosi in condizioni di piena visibilità, avrebbe dovuto considerare le possibili asperità dei gradini e adottare comportamenti adeguati. Per questo motivo, la Suprema Corte ha ritenuto prevalente l’effetto causale dell’imprudenza dell’utente, rigettando definitivamente la richiesta di risarcimento.

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