Roma, il “giustiziere social” Cicalone chiarisce: “Non punisco, documento”

Veronica Robinson

Novembre 20, 2025

Simone “Cicalone” Ruzzi, un ex pugile di Roma, ha trovato una nuova dimensione come un noto personaggio del web nel 2025. Con un gruppo di amici pugili al suo fianco, si muove nelle metropolitane di Roma, armato di smartphone, per documentare episodi di illegalità e riprendere borseggiatori. La sua attività, che ha guadagnato visibilità online, ha contribuito a costruire l’immagine di un “giustiziere dei criminali“, un soprannome che ha suscitato interesse e controversie nel pubblico.

Il ruolo di Cicalone nella denuncia sociale

Ruzzi, pur essendo etichettato come giustiziere, si distacca da questa definizione. In un’intervista con l’inviata di “Realpolitik”, ha spiegato: “In realtà, il giustiziere fa giustizia. Io ho un mio ruolo: non punisco, documento”. Questo chiarimento riflette il suo approccio, che combina ironia e denuncia, in un omaggio al celebre attore italiano Alberto Sordi e al modo romano di osservare e raccontare la realtà. Ruzzi cerca di mettere in luce le problematiche sociali, pur mantenendo una distanza dalla violenza e dall’auto-giustizia.

Le reazioni del pubblico e le polemiche generate

L’operato di Ruzzi ha suscitato reazioni contrastanti. Da una parte, alcuni vedono in lui un portavoce di una forma di denuncia sociale, mentre dall’altra, ci sono quelli che lo accusano di promuovere una forma di giustizia privata organizzata. Questa ambiguità ha alimentato un dibattito acceso, in cui si discute se il suo lavoro possa trasformarsi in un vero e proprio business, grazie al riscontro mediatico che ha ottenuto.

Ruzzi stesso riconosce che il suo progetto ha superato le aspettative iniziali. “L’ho sempre fatto a livello amatoriale, per passione. A un certo punto, però, ho visto che il consenso cresceva, così come il guadagno“, ha dichiarato, rivelando la sua consapevolezza riguardo all’evoluzione della sua attività.

Un lavoro che frutta

Oggi, quelle che inizialmente erano spedizioni social si sono trasformate nel lavoro principale di Ruzzi. “Mediamente, guadagno dai cinque ai quindicimila euro per un video“, ha rivelato, evidenziando come la sua iniziativa, pur divisiva, abbia trovato un suo pubblico e produca numeri significativi. Questo cambiamento ha portato a interrogarsi sul confine tra denuncia e intrattenimento, rendendo il suo operato un caso studio interessante nel panorama dei social media e della giustizia sociale contemporanea.

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