Operazione “Smartphone”: perquisizioni nei penitenziari portano al sequestro di 150 cellulari e 115 schede sim usate dai detenuti

Veronica Robinson

Novembre 26, 2025

Il Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Genova ha avviato oggi, 1° marzo 2025, un’importante operazione di perquisizione all’interno di diverse strutture penitenziarie italiane. L’iniziativa, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo, ha visto la partecipazione attiva dei reparti della Polizia Penitenziaria e delle forze dell’ordine, tra cui la Polizia di Stato e i Carabinieri. Le perquisizioni si sono concentrate su 12 detenuti, coinvolgendo i penitenziari di Fossano (CN), Ivrea (TO), Alessandria, Cuneo, Tolmezzo (UD), Chiavari (GE), La Spezia, Parma, San Gimignano (SI), Lanciano (CH), Rossano (CS) e Santa Maria Capua Vetere (CE). In totale, sono 31 le persone indagate per reati connessi all’articolo 391 ter e 648 del Codice Penale, aggravati dall’articolo 416 bis.1, per aver facilitato l’introduzione e l’uso di dispositivi di comunicazione all’interno delle carceri, a vantaggio di detenuti legati ad attività mafiose.

Dettagli dell’operazione “smartphone”

L’operazione, denominata “SMARTPHONE”, ha preso piede grazie a un’attenta attività di intercettazione telefonica e telematica, accompagnata dall’analisi dei tabulati. Questa strategia ha consentito di monitorare l’uso di oltre 150 cellulari e 115 schede SIM da parte di detenuti condannati per reati di mafia, rinchiusi nelle sezioni di Alta Sicurezza del carcere di Genova-Marassi. L’obiettivo di tali comunicazioni era quello di mantenere collegamenti attivi con membri di associazioni mafiose, sia liberi che detenuti in altri istituti, permettendo così la trasmissione di messaggi, definiti “ambasciate”, che facilitavano le operazioni delle cosche mafiose, in particolare della ‘ndrangheta.

Modalità di introduzione dei dispositivi

I cellulari utilizzati dai detenuti erano spesso di dimensioni ridotte e venivano forniti di schede SIM attivate in negozi di telefonia collusi situati nel centro storico di Genova. Queste schede erano intestate a persone inesistenti o ignare, per rendere più difficile la tracciabilità delle comunicazioni. I dispositivi venivano introdotti nel carcere attraverso pacchi inviati o durante le visite dei familiari, anch’essi coinvolti nell’indagine. Una volta all’interno, i cellulari circolavano tra i detenuti, consentendo di mantenere attivi i contatti con l’esterno e di pianificare ulteriori attività illecite.

Risultati e sequestri

Durante il corso dell’indagine, che ha visto una stretta collaborazione con la Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Genova-Marassi, sono stati sequestrati numerosi dispositivi telefonici. L’analisi del traffico telefonico e telematico di questi apparati ha fornito ulteriori prove a sostegno delle accuse e ha contribuito a delineare un quadro indiziario solido. L’operazione “SMARTPHONE” rappresenta un passo significativo nella lotta contro la criminalità organizzata, evidenziando l’importanza di monitorare le comunicazioni all’interno delle strutture penitenziarie e di combattere il fenomeno dell’introduzione illecita di dispositivi di comunicazione.

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